La concatenazione degli eventi è sempre più serrata, ricorda il formarsi di una valanga. Ieri si è fatto un altro passo avanti verso l’approvazione al parlamento spagnolo della Ley mordaza, che reprime la libertà di manifestazione con multe fino a 600 mila euro e amplia a dismisura i poteri d’arresto delle guardie private. Una legge che fa risorgere il franchismo in un momento in cui la Troika chiede a Madrid nuovi tagli dei salari.
LA SVALUTAZIONE INTERNA
D’altronde se non puoi svalutare la moneta, l’unico modo per recuperare competitività è la svalutazione interna, ovvero la riduzione di stipendi e pensioni. Intanto, senza colpo ferire, la Russia si riprende l’Ucraina: a Mosca è bastato acquistare 15 miliardi di dollari di titoli di Stato ucraini per salvare Kiev dal fallimento. Il tutto mentre nelle piazze decine di migliaia di ucraini chiedevano invece di poter entrare nell’Unione europea. Ue che non ha mosso un dito per sostenerli.
LA VICENDA DI KIEV
Immagino la delusione degli ucraini filo-occidentali, ma presto si renderanno conto che è andata meglio così. Visto l’andazzo, nessuno si sarebbe sorpreso se l’Ue avesse chiesto a Kiev di mettere sul piatto 2 milioni di disoccupati in cambio dell’adesione al club. E veniamo all’Italia: Bank of America Merrill Lynch ha dedicato il suo ultimo report a Matteo Renzi, dicendogli senza tanti eufemismi che deve smetterla di perdere tempo con la riforma della legge elettorale per dedicarsi interamente a trovare il modo di far ripartire l’economia.
UN FUTURO FOSCO
L’analisi è deprimente: l’anno prossimo il pil dell’Italia crescerà solo dello 0,1% (sì avete letto bene), quindi basterà uno stormir di foglie per ricadere in recessione (in realtà non ne siamo ancora usciti, Merrill Lynch stima una leggera crescita nel trimestre in corso, ma non è detto che l’indovini, è meglio aspettare i dati dell’Istat). E nei prossimi due anni la disoccupazione salirà almeno al 15%. Secondo Merrill Lynch, “la situazione potrebbe deteriorarsi ulteriormente senza un allentamento della nuova regola europea sul rapporto debito pubblico/pil, che richiede all’Italia di ridurlo” di almeno 50 miliardi l’anno per i prossimi vent’anni. «Una riduzione così rapida del rapporto tra debito e pil secondo noi è semplicemente insostenibile nelle condizioni attuali, senza ricorrere a un approccio radicalmente diverso alle privatizzazioni», è la conclusione della banca americana. Insomma, o cambiamo il Fiscal Compact oppure siamo costretti a vendere tutto, ma proprio tutto (sempre che si riescano a trovare degli acquirenti).
IMPERDONABILE IMMOBILISMO
Sempre ieri è uscito sul quotidiano britannico The Telegraph un articolo di una delle sue penne più celebri, Ambrose Evans-Pritchard, intitolato “Il presidente italiano teme un insurrezione violenta nel 2014, ma non propone nessun rimedio”. Evans-Pritchard ricorda le recenti parole di Napolitano, “la recessione sta ancora mordendo dolorosamente ed è diffusa la sensazione che sarà difficile sfuggirvi e di trovare un modo per ritornare a una solida crescita”, e si stupisce che il capo dello Stato consideri inevitabile questo destino per l’Italia. Ma poi il giornalista inglese capisce il perché: “Un ex stalinista che ha applaudito l’invasione sovietica dell’Ungheria nel 1956”, Napolitano “da lungo tempo ha spostato il suo fervore ideologico sul progetto dell’Ue“. Ecco perché “per natura è incapace di mettere in discussione le premesse dell’unione monetaria“.
FUORI DALLA MONETA UNICA
E così per lui è inimmaginabile trovare la soluzione più semplice e immediata ai problemi dell’Italia: uscire dall’euro e svalutare del 20%. Restando nell’euro, secondo Evans-Pritchard, anche se nei prossimi tre anni il resto di Eurolandia godesse di una buona ripresa, il meglio che può sperare l’Italia e di non vedere aumentare la disoccupazione. La conclusione è che “nessun Paese democratico può sopportare per sempre una semi-recessione e una disoccupazione di massa quando invece sono sul tavolo alternative plausibili”. Ricapitoliamo: Stalin, Ungheria, Napolitano, permanenza nell’euro. Forse Evans-Pritchard vuole avvertirci che dobbiamo prepararci alla repressione?