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Dite a Letta che “politica industriale” non è una parolaccia

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo il commento di Sergio Luciano apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.

Le Poste mettono 75 milioni di euro in Alitalia e il governo non si preoccupa di capire «chi» stanno finanziando, se gli arabi di Etihad o i francesi di Air France, o magari il curatore fallimentare, se non dovesse concretizzarsi alcuna alleanza.

Le nuove autostrade progettate in Lombardia, una regione che produce il 21% del Pil nazionale, sono tutte fatalmente coinvolte nell’incerto futuro del gruppo Serravalle, di proprietà della Provincia, che non ha i soldi per sostenere i propri investimenti in Pedemontana e Tem ed è per giunta un ente avviato a scioglimento: e da Roma non giunge alcun segnale. La Sea si sta impegnando in un durissimo braccio di ferro contro l’Unione europea per una procedura d’infrazione contro asseriti aiuti di stato (il ripianamento delle perdite della controllata Sea handling) che non ci sono mai stati, e il ministero non si fa sentire. Infine, Telecom: dopo aver detto in tutte le salse che le reti sono infrastrutture strategiche, dopo aver messo dentro Cassa depositi e prestiti la rete elettrica e la rete del gas, dopo aver permesso che la stessa Cassa investisse nel 48% del capitale di Metroweb, l’unica rete telematica in fibra ottica alternativa a Telecom che esista in Italia, oggi la politica sembra non avere nulla da dire.

ISTRUZIONI PER LETTA

Qualcuno dovrebbe spiegare a Enrico Letta che «politica industriale» non è una parolaccia. Sulla rete tlc, per esempio, il governo ha chiesto a Francesco Caio di asseverare lo «stato dell’arte» dello sviluppo di un’infrastruttura che però lo stesso Caio, per conto di Romani, aveva già analizzato tre anni fa: e non è cambiato niente. Letta potrà così apprendere formalmente quel che già sanno tutti, e che cioè la rete Telecom, se non accade niente di nuovo, è destinata a crescere troppo lentamente rispetto alle esigenze economiche italiane. Tutto già noto, tutto acclarato. Che bisogno c’era di un nuovo rapporto? La verità è che il premier, non sapendo che pesci prendere, ha preso tempo. Due mesi fa si era espresso a favore degli spagnoli, negli ultimi giorni, forse tirato per la giacca da qualcuno dei suoi sostenitori, sembra aver corretto il tiro. E il piano aeroporti? L’aveva fatto Passera, lui lo vuole rifare. E gli investimenti del Fondo strategico italiano? Benissimo che li scelga Tamagnini, è un bravo finanziere. Ma sono soldi anche nostri, al governo se ne ricordano? Non sarebbe giusto che qualcuno dei «delegati del popolo» capisse i criteri con cui vengono scelti, pur dentro i confini degli statuti e dei mandati? Insomma, che «politica industriale» è una simile ondivaga balbuzie strategica? Tutt’al più è un bussolotto da lotteria.


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