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Ecco come Renzi può diventare lo Steve Jobs della politica italiana

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo il commento di Edoardo Narduzzi apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.

Bene ha fatto il neosegretario del Pd, Matteo Renzi, a rimarcare la profonda differenza che c’è tra lui e il modo di fare politica di Enrico Letta ed Angelino Alfano. «Io sono totalmente diverso da loro per tanti motivi», ha dichiarato qualche giorno fa il sindaco di Firenze interessato a non fare di ogni questione anagrafica un sol fascio. Quel che conta non è l’età o l’essere quarantenni, ha fatto capire Renzi ai naviganti, ma le battaglie in campo aperto contro nemici veri che un leader ha fatto nel corso della sua carriera politica e le, eventuali, vittorie riportate contro le armate nemiche. Qui è evidente che Renzi è di un altro pianeta rispetto a Letta e Alfano, ordinati nel rispetto dell’organigramma dei rispettivi partiti fino al ciglio oltre il burrone, avendo sfidato in campo aperto con proposte, energie e iniziative le truppe cammellate della Cgil, del vecchio Pci e dell’altrettanto ben organizzata ex sinistra Dc.

RENZI COME JOBS

Renzi è andato a nuotare in mare aperto, nell’oceano dalle onde alte anche dieci metri, mentre Letta e Alfano facevano una nuotata nella piscina condominiale. Ovvio che tra i tre la diversità è profondissima e che una possibile similitudine anagrafica non può modificare molto. Renzi incarna la figura dell’imprenditore politico, quello che si inventa la sua start up di successo e la porta, come uno Steve Jobs, a rottamare le Dell, le Microsoft e le Nokia di turno pur di far trionfare la sua visione di business. Letta e Alfano sono dei manager della politica. Letta sicuramente più bravo e attrezzato del secondo, ma persone formate per dare continuità allo status quo. Mai hanno avuto e mai avranno il coraggio delle sfide impossibili e mai troveranno la forza di rompere con il Novecento italiano.

UNA ROTTAMAZIONE SENZA ESITAZIONI

Ora Renzi deve fare una cosa semplicissima per rimarcare definitivamente la sua diversità: elaborare e presentare un programma alla Jobs (anche dotarsi di un team di collaboratori eccellenti), cioè ambizioso fino al limite dell’inverosimile puntando a creare le condizioni perché l’economia italiana possa crescere fino al 4% all’anno nel suo Pil. Rottamare senza esitazioni le catene che bloccano la produttività, l’allocazione ottimale dei fattori produttivi, il mercato del lavoro, il dinamismo nella proprietà societaria. Con un debito pubblico superiore al 130% del pil, un rating prossimo a quello dei junk bond e una disoccupazione giovanile vergognosa, Renzi ha il dovere di produrre una visione di sviluppo ambiziosa come mai se ne sono viste in Italia negli ultimi venti anni. E realizzare le condizioni perché, le energie e le competenze che l’Italia ha, possano trasformare pil potenziale in pil reale. Renzi è partito dal garage della politica, per questo può pescare in ogni sensibilità politica.

 


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