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Vi svelo le bufale sull’inflazione nel caso di uscita dall’euro

Gli ultimi indefessi che ancora sostengono di volersi immolare per Maastricht, non riescono a contrastare con argomentazioni scientifiche chi invece sta seriamente conducendo la “battaglia” nei confronti dell’insostenibilità della moneta unica. La loro tecnica risiede solamente nel terrorizzare letteralmente la popolazione, prospettando le disgrazie più apocalittiche nel caso di ritorno alla nostra valuta nazionale, non accorgendosi che i più grandi disastri stanno avvenendo proprio per l’appartenenza all’Eurozona.

SVALUTAZIONE E INFLAZIONE
I loro cavalli di battaglia, ma sarebbe più opportuno chiamarli “asini”, sono la svalutazione e l’inflazione, spesso identificandone nella stessa percentuale nel caso di abbandono dell’euro. Ebbene, anche chi non può accreditarsi di una semplice laurea in Economia, è a perfetta conoscenza che una cosa è la svalutazione e un’altra è l’inflazione. Alla semplice domanda poi di quanto credano che la potenziale ritrovata lira si deprezzerebbe nei confronti dell’euro, all’unisono rispondono non meno del 30%, riconoscendo inconsapevolmente che il nostro Paese attualmente ha adottato una moneta sopravvalutata per l’appunto del 30% rispetto ai propri fondamentali e pertanto destinata a patire senza appelli!

QUELLO CHE NON QUADRA
Anzi, non comprendono che la tanto vituperata, vergognosa e umiliante “svalutazione competitiva”, consentiamo di farla fare ora, sfacciatamente, proprio alla virtuosissima Germania, che per i motivi opposti ha nell’euro una valuta sottovalutata rispetto a quello che sarebbe il marco, di un buon 30%. Ma la mistificazione più evidente dei “o euro o morte”, che hanno trovato il loro apice di gloria (fortunatamente breve) con la scesa in campo del prof. Mario Monti, è nel presagire scenari d’inflazione da Repubblica di Weimar, quando gli allora Reichsmark non si contavano, ma per far prima, si pesavano!
Redarguiscono in continuazione i cittadini che in ogni caso comunque stanno intuendo ogni giorno sempre di più che qualcosa non quadra in questa Unione monetaria e che è meglio per loro stare buoni e tenersi l’euro stretto stretto, altrimenti il litro di latte lo pagheranno barattandolo con i gioielli di famiglia e il canonico litro di benzina più di 50mila delle nuove lire, pari, sempre secondo loro, a più di duro giorno di lavoro.

CONSUMI IN CALO
Dimenticano, o non vogliono capire, visto che per loro la matematica è invece solo una opinione, che nel caso estremo di una svalutazione nuova lira/dollaro pari al 20% (le materie prime le paghiamo in valuta statunitense), il costo alla pompa dei carburanti non dovrebbe aumentare più del 5% (a prelievo fiscale inalterato), incidendo il prezzo del “barile” per il 25% sul costo finale. Ricordo, per i distratti, che grazie alle acute politiche di austerity adottate dal senatore Monti, l’innalzamento del gettito fiscale combinato accise/IVA (siamo l’unico Paese al mondo dove si riescono a pagare anche le tasse sulle tasse!) hanno prodotto un incremento ben superiore al 5%, comprimendo inoltre i consumi tanto da annullare i vantaggi dei provvedimenti stessi in termini di entrate erariali.

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Fonte: goofynomics.blogspot.com

Come è facilmente possibile verificare dal grafico, anche durante l’uscita rocambolesca della lira dalla banda di oscillazione dello SME, avvenuta nel 1992, che portò ad una svalutazione media del 20%, il tasso d’inflazione non superò mai il 5%. Questo è sufficiente per dimostrare che la determinazione della svalutazione di una moneta è essenzialmente causata dal saldo della bilancia dei pagamenti, cioè dalla somma delle partite correnti e del conto dei movimenti di capitale, mentre l’inflazione è determinata dalla relazione fra la base monetaria esistente e l’offerta di beni e servizi.

IL RUOLO DELLE BANCHE CENTRALI
Negli USA e Giappone abbiamo esempi pratici evidenti, in cui le Banche Centrali (vere e non come la pseudo europea), iniettano mensilmente enormi dosi di liquidità nel sistema, non producendo significativi aumenti del saggio d’inflazione ma anzi stimolando proficuamente l’economia.

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Fonte: elaborazione propria su dati Istat

Dalla visione di questo secondo grafico si evince, secondo la nota Curva di Phillips, la relazione inversa tra il tasso d’inflazione e il tasso di disoccupazione riscontrata nel nostro Paese dal 1960. Pertanto è più che legittimo affermare di che cosa ce ne facciamo di un’inflazione tendenziale allo 0,7% se per poterla conseguire ci ritroviamo con il massimo storico della disoccupazione al 12,4%? Misteri noti solamente agli adepti alla setta che partecipa, senza aprire bocca, ai riti celebrati dall’ortodossia tedesca!

TECNICISMI AUTOMATICI
Ma a questi aspetti prettamente tecnici, i sempre ottusi difensori della stabilità dei prezzi come unica conditio necessaria e sufficiente per la crescita e la massima occupazione, non riescono ad associare un aspetto che invece è ancora più fondamentale. Per cercare di mantenere in vita la frettolosa scelta politica di dotare il Continente europeo di una stessa moneta, gli eurocrati hanno affidato esclusivamente a dei tecnicismi automatici gli oneri per la sua sopravvivenza. Questo è avvenuto essenzialmente per volontà della Commissione Europea, gestita da persone non elette dal suffragio universale, la quale ha preferito sempre più trasferire nei regolamenti di funzionamento e negli organismi tecnici creati ad hoc, il potere di governo dell’euro.

LA POLITICA NELL’ANGOLO
In questo modo la politica è stata completamente esautorata, essendosi spezzato il collegamento fra cittadini e Istituzioni, violando il primo elementare principio della democrazia. Non c’è più lo spazio all’intermediazione politica, unica forza in grado di correggere le immancabili distorsioni in un complesso processo di integrazione dove economie profondamente diverse sono state costrette a confrontarsi con una stessa moneta.

L’ANOMALIA DEL FISCAL COMPACT
Come non accorgersene, ad esempio nel Fiscal Compact, dove si impone di ridurre sistematicamente per vent’anni l’eccedenza del surplus dello stock di debito pubblico rispetto al dettame di Maastricht, come se le economie e le rispettive dinamiche fossero omogenee e gestite da macchinari per gli stampini dei tondini di ferro? Oppure obbligare, con l’incostituzionale pareggio di bilancio, tutti i soci del “club dell’euro” a reperire i fabbisogni finanziari esclusivamente facendo ricorso alla fiscalità e ai tagli di spesa, non tenendo conto che Paesi come l’Italia viaggiano da anni a botte di avanzi primari da uccidere un elefante per sopperire ai costi per il sostegno del debito, quest’ultimo oltremodo dilatato, grazie all’improvvido provvedimento del divorzio voluto da Andreatta-Ciampi nel 1981 che ne raddoppiò l’entità in quattordici anni.

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Fonte: elaborazione propria su dati Banca d’Italia

Il punto è proprio questo: la pretesa di riprenderci le chiavi di casa, non significa esclusivamente la possibilità di riappropriarci della politica economica e monetaria tarate secondo le nostre peculiari esigenze e compatibili secondo il nostro modello economico, ma soprattutto di ritornare a quei principi di democrazia che mettano il cittadino al centro dei processi decisionali e non invece come suddito passivo di un nuovo ordine che lascia ai mercati il gradimento o meno delle scelte economiche. In poche parole il ritorno alla piena Sovranità significa di dotarsi di una moneta al servizio dell’economia reale e non di piegare la realtà dell’economia alle regole di una moneta!

IL FALLIMENTO DELLA TROIKA
La classe politica dirigente italiana si ostina testardamente a non voler capire che il percorso intrapreso dalla Troika, per tentare di salvare l’euro in sala di rianimazione, è fallito. Pur di riuscire maldestramente nell’intento hanno calpestato e violato il più prezioso bene che ci è stato trasmesso: la democrazia. Sta a noi liberi cittadini prenderne coscienza è reclamare il ritorno alla nostra autodeterminazione affinché il nostro Paese possa uscire dal baratro economico e morale in cui è precipitato per effetto dei doppi vincoli. Il vincolo esterno dei Trattati e il vincolo interno, rappresentato da una classe politica scellerata e supina ai dettami economici europei che non consentiranno mai i reali interessi dell’Italia.

CONCLUSIONE

Non abbiamo paura perché l’Europa e l’euro sono anch’esse due cose diverse e qualsiasi temporaneo disagio determinato dalla ripresa delle chiavi di casa saranno ampiamente ricompensate dal ripristino dell’effettiva democrazia che non può assicurarci nessun surrogato di Sovranità!


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