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Il Fatto di Travaglio strapazza la omertosa Rai su Calabresi

Può piacere o meno, ma quello che non si può rimproverare a Marco Travaglio è l’opacità nei commenti. Se ne può avere una riprova oggi leggendo il suo corsivo quotidiano sulla prima pagina del Fatto Quotidiano di cui è anche vicedirettore intitolato “Il suicidio Calabresi”.

La penna più acuminata del quotidiano diretto da Antonio Padellaro si è esercitata oggi sulla fiction andata in onda questa settimana su Rai 1 “Il Commissario”, per ricordare il commissario Luigi Calabresi, non risparmiando critiche: “Dialoghi scialbi”, “svarioni ricostruttivi”, “ambientazione troppo asettica”. Insomma “si poteva fare meglio”, scrive Travaglio. Eppure, ricorda la firma del Fatto, “come ha scritto Mario Calabresi sulla Stampa la verità storica sulla figura di mio padre è stata rispettata”.

Scrive Travaglio: “Uno degli aspetti più positivi del film-tv di Graziano Diana è quello di mostrare la campagna d’odio che si scatenò contro Calabresi dopo la tragica fine alla questura di Milano dell’anarchico Pinelli, ingiustamente sospettato di aver avuto un ruolo nella strage di Piazza Fontana: prime pagine di Lotta Continua e altri giornali, appelli di intellettuali, manifestazioni con slogan assassini”. Ma il “peccato originale” della fiction Rai “Il Commissario”, secondo il vicedirettore del Fatto Quotidiano, “è che mancano i volti e le imprese dei colpevoli”. Infatti “non c’è il viaggio di Leonardo Marino a Pisa dove Adriano Sofri gli confermò il mandato, non c’è il processo costellato dalle bugie degli imputati e ancor più dei falsi testimoni ingaggiati dalla nota lobby”. “Nulla di nulla”, stigmatizza Travaglio: “S’è mai visto – si chiede dunque la penna del Fatto – un film su un omicidio che non mostra gli assassini? Mai. Allora tanto valeva non farlo”.

Ci pensa Travaglio, comunque, a colmare le lacune della fiction Rai ricordando che “da 15 anni è irrevocabilmente accertato che l’assassino di Calabresi fu organizzato nel servizio d’ordine di Lotta Continua, ordinato da Giorgio Pietrostefani con l’assenso del leader Adriano Sofri e materialmente eseguito da Ovidio Bompressi, con la complicità di Leonardo Marino“. “Nessuno dei condannati – chiosa Travaglio – è in carcere”.

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