L’uomo che salverà (forse) Alitalia è un principe. O meglio un emiro, con tutta l’iconografia classica al seguito: kandoura e gahfia, i tradizionali abito e copricapo bianco; una ricchezza stimata in oltre 20 miliardi di dollari, una passione sfegatata per la falconeria, tramandata di padre in figlio; un nome che, scritto al completo, occupa tre righe e contiene quelli dei padri fino al primo della genia. Ma Khalifa bin Zayed Al Nahyan, 66enne presidente degli Emirati Arabi Uniti (Uae) ed Emiro di Abu Dabhi, è noto anche per essere un abile uomo d’affari, un riformatore, un filantropo.
I NUMERI DELL’EMIRO
L’unica macchia nel curriculum, e davvero stridente con tutto il resto, è un fratellastro accusato di essere un torturatore, anche se è stato assolto nonostante l’evidenza delle prove, diceva l’accusa. Per il resto, i meriti dell’emiro sono molti. Secondo la rivista americana Forbes, è 34esimo nella classifica degli uomini più potenti del mondo. Non solo perché controlla riserve di petrolio per 97,8 miliardi di barili. Khalifa bin Zayed Al Nahyan gestiste anche il secondo fondo sovrano più grande al mondo con un patrimonio di 627 miliardi di dollari. Ed è capo di quella che, secondo i World Travel Awards, è la migliore compagnia aerea del pianeta, Etihad Airways.
CONFRONTO ETIHAD-ALITALIA
Due mondi a confronto: da un lato Etihad, un’azienda con la flotta aerea più giovane di tutte, età media di 4,9 anni, 86 velivoli e nuovi ordini per 230 apparecchi; 8mila dipendenti e fatturato, nel 2012, di 4,8 miliardi di dollari, in crescita del 17%. Dall’altro lato, Alitalia, un carrozzone appesantito da un miliardo di debiti maturati solo negli ultimi cinque anni e un valore prossimo allo zero; un gruppo tenuto in vita artificialmente da continui piani di ristrutturazione e salvataggi. Paradigmi di due civiltà che camminano ormai in direzioni opposte: una verso il futuro, l’altra verso la decadenza.
L’EVOLUZIONE DI ETIHAD
Così mentre Alitalia accumulava debiti, Etihad, in soli dieci anni di vita, si imponeva nel panorama globale. Grazie ai petrodollari forse, ma grazie anche – dicono gli addetti ai lavori – a una strategia che le ha consentito di avere partecipazioni importanti nell’irlandese Air Lingus e nella tedesca Air Berlin, nella svizzera Darwin oltre che in Air Serbia, Air Seychelles, Virgin Australia, e nell’indiana Jet.
CHE SUCCEDE DOPO IL 13 GENNAIO
Dopo il 13 gennaio, quando l’assemblea confermerà il tandem Roberto Colaninno-Gabriele Del Torchio alla guida di Alitalia, lo sceicco Khalifa potrebbe finalmente scoprire le carte e manifestare il suo interesse. Un interesse molto condizionato, secondo le indiscrezioni: dalla ristrutturazione del debito, alla chiusura dell’accordo sindacale, alla possibilità di cambiare tutti i manager.
SULLE ALI DELLO SCEICCO
Controllo e gestione saranno dunque tutti di matrice araba; e non è un male, dicono parecchi osservatori del settore. Perché sarà un monarca illuminato, colui che ha consolidato il lavoro iniziato dal grande Zayed, l’architetto dei moderni ed evoluti Emirati, a comprare un pezzo di storia d’Italia. Ma anche un uomo d’affari, che trasforma in oro tutto ciò che tocca: compra 250mila metri quadri alle Seychelles e vi costruisce un palazzo? Contemporaneamente fa della sua isola un paradiso di progresso e sparge sviluppo ovunque. Secondo la biografia ufficiale, il secondo presidente degli Uae e il 16esimo Emiro di Abu Dhabi, assume la sua carica il 3 novembre 2004, giorno successivo alla morte di suo padre, Zayed Bin Sultan Al Nahyan. La sua formazione giovanile si svolge tutta ad Al Ain, sito culturale e Città Giardino di Abu Dabhi. Sposato con una sola donna, ha avuto 8 figli, sei femmine e due maschi, Sultan Bin Khalifa Al Nahyan e Mohamed Bin Khalifa Al Nahyan.
LE GESTA DELLO SCEICCO
Sempre la biografia ufficiale riporta il suo impegno, fin dal 1966, nei progetti di sviluppo dell’agricoltura, con “l’opportunità di interagire quotidianamente con i cittadini, rivedere le loro condizioni di vita e apprendere le loro speranze e aspirazioni”. Tre anni dopo, nel 1969, Khalifa assume la responsabilità della Difesa di Abu Dhabi e ne trasforma il piccolo esercito con funzioni di controllo in una forza armata all’avanguardia. Dal 1974 lo Sceicco Khalifa è presidente del Consiglio Esecutivo degli Emirati. E in questo ruolo dà un contributo decisivo alla modernizzazione e allo sviluppo dell’area, sottolineano sempre i biografi ufficiali. È lui stesso a riformulate l’intera politica del petrolio e a gettare le basi per una competizione leale tra le compagnie petrolifere. Dal 1976 presiede anche la Abu Dhabi Investment Authority, che supervisiona la gestione degli investimenti finanziari negli Emirati.
IL TURBINIO DI PASSIONI
Ma una delle sue iniziative più importanti è la creazione del The Sheikh Khalifa Committee, che si occupa della distribuzione della ricchezza tra i cittadini, offrendo finanziamenti senza interessi a chiunque abbia un progetto di sviluppo. Dal 1981 il dipartimento ha investito “35 miliardi di dirham (10 miliardi di dollari, ndr), utilizzati per costruire 6mila tra torri residenziali e complessi commerciali”.
Noto per la sua puntualità e per la sua solerzia, Khalifa trascorre la giornata tra doveri ufficiali e incontri con la gente. Calmo, ascoltatore, cortese e modesto nei rapporti con gli altri, si fregia di supportare il popolo indipendentemente da “razza, colore, religione e sesso”, grazie ai progetti realizzati dalla Fondazione che porta il suo nome. Ama la storia, la poesia e la letteratura; segue il calcio e lo sponsorizza. E pratica pesca e caccia, pur amando e preservando la natura. Un Principe, non c’è che dire. O no?