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Snam e Terna, ecco chi sono i cinesi che vogliono entrare nelle reti della Cassa di Bassanini

Se ci saranno le opportunità giuste ci potrebbero essere anche nuovi investimenti in Europa. Lo scorso giugno, Zheng Baosen, vicepresidente della State Grid Corporation of China, commentava così gli investimenti fatti nell’operatore energetico portoghese Ren a febbraio.

Se il prezzo è buono possiamo puntare ad altre opportunità. È un’ipotesi”, spiegava a margine della conferenza annuale di Eurelectric a Bologna. Secondo quanto riportato negli scorsi giorni dal Sole24Ore e oggi dal Corriere della Sera, il colosso cinese delle reti energetiche è interessato a quote delle reti del gas (Snam) ed elettrica (Terna) che dovrebbero essere cedute con il piano di privatizzazioni del governo.

Quanto l’interesse cinese sia concreto è ancora da chiarire. Fondato nel 2002, con lo smembramento in due  dell’allora unico operatore, la National Electric Power, il gigante statale è al settimo posto nell’indice Global 500 stilato da Fortune con un fatturato nel 2012 da 298 miliardi di dollari e utili per 12,3 miliardi. Presidente del consiglio d’amministrazione è Liu Zhenya. Funzionario con alle spalle una carriera nell’amministrazione del settore energetico, già presidente della società tra il 2004 e il 2013, e che a novembre dell’anno scorso ha annunciato che gli investimenti esteri potrebbero raggiungere i 50 miliardi di dollari entro il 2020.

Secondo il “chi siamo” sul sito societario la missione della State Grid è “fornire energia elettrica sostenibile, pulita, economica e sicura per lo sviluppo economico e sociale” del Paese. Di fatto si tratta del distributore più grande della Repubblica popolare e copre circa l’80 per cento del territorio.

Lo scorso maggio la società ha annunciato un accordo con la Singapore Power, con l’obiettivo di diventare uno dei principali distributori australiani. Lo scorso 19 dicembre il ministro del Tesoro australiano, Joe Hockey, ha dato il via libera all’operazione che prevede l’acquisto del 19,9 per cento della SP AusNet e del 60 per cento della SPI Australia Assets, conosciuta anche come Jemena.

L’intesa è l’ultima di una serie condotta negli ultimi anni sulla scia delle aspirazioni globali della società, di cui fanno parte anche gli investimenti in Portogallo, nelle Filippine e in Brasile. L’obiettivo, scriveva sempre a giugno il South Morning Post, era anche prepararsi in vista di possibili misure di liberalizzazione nella Cina continentale.

 



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