Non una chiusura netta ma una posizione “equilibrata” che guardi, come fatto finora, alle migliori tecnologie disponibili, le cosìdette Bat (Best available techonology), per non affossare il nostro sistema manifatturiero. Questo il pensiero del presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, sul nuovo pacchetto Ue ‘clima-energia’ al 2030, che la commissione Europea si appresta a deliberare il 22 gennaio e in cui saranno contenute le nuove misure su riduzione di CO2, rinnovabili, ed efficienza energetica.
L’ALLARME DI CONFINDUSTRIA
Dopo l’intervento del presidente di Confindustria Giorgio Squinzi – con una lettera indirizzata direttamente al premier Enrico Letta in cui si chiedeva sostanzialmente al governo di prendere una posizione di fronte a target “irrealistici” che mettono “a rischio le nostre imprese” – Gozzi dice che “la definzione di obiettivi senza una discussione vera per l’industria Europea è una cosa che non sta né in cielo né in terra. Entro il 22 gennaio l’Europa deve decidere i nuovi target, e siccome sappiamo che la posizione all’interno del governo non è univoca, con Orlando che sostiene obiettivi ambiziosi e Zanonato che la pensa diversamente, abbiamo chiesto a Letta di parlare con una voce sola”. Il ministro dell’Ambiente ha anche firmato, insieme con altri ministri europei, questa posizione; una posizione che Gozzi definisce “un errore che ha provocato sconcerto”. Per il presidente di Federacciai “c’è molta ideologia dietro queste misure e soprattutto ambientalisti che non sanno nemmeno di cosa stanno parlando”.
LE TRE CRITICHE DI FEDERACCIAI
Per Gozzi i punti sono tre: rinnovabili, risparmio energetico, taglio CO2. Sul primo, riferendosi per esempio al fotovoltaico, afferma che “si sono dati troppi incentivi per dei fallimenti tecnologici, che avrebbero dovuto raggiungere la parity grid già da tempo”. Quanto al risparmio energetico, che “tra l’altro fa parte degli interessi degli energivori, l’obiettivo è totalmente irrealistico”. Poi, sull’abbattimento delle emissioni, “siamo alle solite: l’Europa che conta per il 3%-4% delle emissioni globali si assume un peso che la danneggia; e mentre gli europei si baloccano non si rendono conto che così si smantella gran parte del settore manifatturiero”. Se però è questo quello che si vuole, rileva Gozzi, “si abbia il coraggio di dirlo”.
LE CRITICHE DI ASSOVETRO
“Un’eventuale penalizzazione dell’attuale situazione che regolamenta il dossier CO2 metterebbe in serio pericolo la competitività e la sopravvivenza dell’intera industria del vetro, che impiega circa 22.000 addetti – dice il presidente di Assovetro, Massimo Noviello – Tutti i settori che compongono l’industria del vetro sono ricompresi infatti nell’elenco dei settori industriali esposti al ‘carbon leakage’, e questo ha rappresentato finora un elemento di sostegno per le economie del nostro settore, ad elevata intensità energetica, per il quale i costi energetici, tra i più alti in Europa, rappresentano circa il 30% dei costi di produzione complessivi”. Gravi gli effetti di un cambio delle regole, secondo Noviello: “Nel caso in cui le attuali regole sulla CO2 non dovessero essere confermate potrebbero verificarsi conseguenze irreversibili per le nostre aziende”.
LA POSIZIONE DI ASSOCARTA
Ritorna il problema legato ai costi dell’energia nelle parole del presidente di Assocarta, Paolo Culicchi: “I target sull’impiego di fonti rinnovabili fissati dall’Ue con il pacchetto 20-20-20 hanno già prodotto negli ultimi anni un insostenibile innalzamento dei costi dell’energia per le imprese, portando i governi a sovvenzionare pesantemente tecnologie inefficienti e fuori mercato, spesso d’importazione. Il prezzo della bolletta elettrica di ogni consumatore è per metà costituito dagli oneri per pagare gli incentivi, un po’ come la benzina alla pompa”. Inoltre per la carta le rinnovabili produce determinati, e insospettabili, effetti. Per il settore cartario, infatti, “il target sulle fonti rinnovabili ha poi un’ulteriore risvolto. Sovvenzionando il consumo di biomassa ai fini energetici, invece della sua coltivazione, si è generata una forte distorsione del mercato del legno senza al contempo attivare un ciclo virtuoso di maggiore produzione di tali risorse; penalizzando così i settori industriali basati su materie prime naturali e rinnovabili”.
I GIOCHI ANCORA APERTI A BRUXELLES
Comunque, di qui al 22 gennaio e poi fino alla proposta legislativa vera e propria, ce ne vorrà dal momento che a Bruxelles i giochi sembrano essere ancori aperti, anche per via delle molte posizioni sul tema. E, in ogni caso, le misure dovrebbero arrivare non prima del 2015. Ma con la riunione di mercoledì prossimo la commissione offrirà delle indicazioni importanti: “Vedremo che succede – osserva Gozzi – ma non sono ottimista”.