Il trionfalismo che sprizza dalle parole di Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, dopo l’incontro tenuto nella sede del Pd sulla nuova legge elettorale, mostra una certa baldanzosità che dovrà essere verificata con la realtà. E la realtà consiglia di solito cautela.
Ma il refrain con cui i due leader hanno salutato i risultati del vertice tra Pd e Forza Italia si basa sul consolidamento dei maggiori partiti e sull’astio verso i “piccoli partiti” – sempre avvezzi a mettere i bastoni fra le ruote, secondo la nota teoria berlusconiana – potrebbe ben suscitare reazioni.
Perché se il partito di maggioranza della coalizione di governo post larghe intese – ovvero il Pd – preferisce un accordo con la principale forza di opposizione – ovvero Forza Italia – e bistratta obiettivi e azioni delle altre forze politiche (Nuovo Centrodestra, Udc, Scelta Civica e Popolari per l’Italia) che sostengono l’esecutivo Letta, la spinta riformatrice che si vanta di produrre Renzi avrà l’effetto di destabilizzare il governo sostenuto da uno degli esponenti di rilievo del suo partito, ovvero Enrico Letta.
E’ indubbio, come sostiene Renzi, che nuove regole elettorali debbano essere concordate e trovate anche con le opposizioni responsabili. Ma se l’altezzosità verso i presunti “piccoli partiti” si spinge a mettere in crisi le basi di un governo di coalizione e di servizio come quello Letta, allora sarà chiaro che l’arrembante azione di Renzi più che a consolidare il governo Letta punta ad archiviarlo e a rottamarlo.
Obiettivo ovviamente legittimo, quello del segretario Pd, ma sarebbe opportuno esplicitarlo. Invece di continuare a solcare palcoscenici mediatici millantando sostegni a esecutivi a guida Pd.