E’ noto che la perfezione non è di questo mondo, quindi come sia possibile pensare che esista una sorta di legge elettorale idealmente perfetta, che possa da sola garantire pace, fratellanza e amore universale risulta davvero difficile da comprendere, almeno per quel che mi riguarda.
Giungere poi a scervellarsi nel tentativo di raggiungerne una perfetta in una repubblica come quella italiana, basata su di un ordinamento istituzionale che trova i suoi principi fondamentali nella carta costituzionale promulgata oltre 70 anni fa, è pura utopia. Nel contempo, i risultati prodotti da quello schema fondativo voluto dall’ assemblea costituente del 1947, basato su pesi e contrappesi dei poteri istituzionali, si appalesano di fatto come una sorta di limbo nel quale gli stessi – i poteri – bilanciandosi reciprocamente producono molte chiacchiere, troppa discussione e processi burocratici infiniti.
In sintesi una lentezza decisionale inadeguata ai tempi ed ai mutamenti dell’attuale geografia politica ed economica mondiale. Il timore di un possibile nuovo regime autoritario dopo il ventennio fascista, ha indotto allora i padri costituenti a redigere ed approvare la legge fondamentale della Repubblica con una maggiore attenzione al passato rispetto che al futuro della neonata creatura repubblicana. E se da più parti si riconosce l’esigenza di un processo di rinnovamento ed una sua conseguente modifica, dall’altra sono ancora molti a considerare la Costituzione come la più bella del mondo, è di tutta evidenza che tale processo richieda condivisioni e numeri parlamentari che non sono dell’attuale Parlamento italiano.
Può piacere o meno, ma pare davvero che un eccesso di democrazia produca risultati sterili sotto il profilo della capacità di agire, del fare sia sotto il profilo legislativo e ancora di più quello esecutivo. La parola decisionismo in Italia a molti suona ancora come una volgarità impronunciabile, salvo poi assistere al loro dilungarsi in uno sproloquio di pura accademia intellettuale radical chic sul valore della rappresentanza delle minoranze, in verità piuttosto stucchevole di fronte alla situazione critica e delicata che vive un’intera nazione.
Venendo all’argomento del giorno, a questa proposta di nuova legge elettorale già battezzata in mille modi con la tipica fantasia che ci contraddistingue, da Italicum a Pastrochium, ebbene non sarà quindi una nuova legge elettorale a risolvere i problemi del Paese, ma il tentativo di Berlusconi e Renzi è senza dubbio un inizio, un necessario buon punto di partenza per tentare quanto meno di risolvere il paradosso “democratico” di una immobilità di fatto, una proposta concreta da opporre alle mille ciacole sulla necessità di rinnovamento e proclami di riforme, troppo spesso invocati più per ragioni di pura opportunità e sopravvivenza politica che per reale convincimento.
E non potevano mancare, come non mancano a torto o ragione (non è questo il punto) le critiche al premio di maggioranza o alla ripartizione dei seggi su base nazionale, a quella pretestuosa sulla mancanza delle preferenze, ma sono nulla a fronte dell’obiettivo finale condiviso e raggiunto in quello che davvero è stato un incontro storico – anche se molti faticano a comprenderlo ed in particolare ad accettarlo vittime come sono di steccati e pregiudizi – e nel messaggio congiunto che ne è uscito, semplice ed estremamente efficace: poche chiacchiere e pedalare!
Incontrandosi, i due leader hanno dimostrato la visione e la determinazione necessarie al loro ruolo. Il consenso di cui godono presso i differenti elettorati imponeva di decidere insieme le regole del gioco per giungere rapidamente ad una soluzione condivisa. Ed è proprio nel momento in cui un leader – in questo caso due – ha alle spalle un consenso sufficiente che non solo detiene il diritto, ma soprattutto ha il dovere di decidere ciò che ritiene giusto per rivoluzionare un sistema che ha il fiato corto, è lento e funziona male, malissimo. E se tutto ciò provoca la reazione permalosa e stizzita di alcuni che se vanno come bambini con il pallone da una direzione di partito – leggi Cuperlo – o pretestuose critiche di leaderini in preda alla confusione e all’ansia – leggi Alfano – o ancora di partitini farmaceutici – leggi Scelta Civica – trombati dal consenso popolare, che dire loro? Buona fortuna: attrezzatevi per raccogliere consenso, voti e, se ci riuscite, diventate grandi.