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Amburgo e Il Fatto Quotidiano

Dallo scorso 21 dicembre, giorno di violenti scontri tra dimostranti di estrema sinistra e forze di polizia ad Amburgo, è rimbalzata sulla stampa internazionale la notizia dell’istituzione di una zona di sicurezza (Gefahrengebiet) in diversi quartieri della città, al cui interno la polizia poteva fermare, perquisire e controllare i documenti di chiunque, in modo discrezionale.

La misura, già adottata nel passato, contestata da alcuni, ma tutto sommato ben accetta alla gran parte della popolazione, si è rivelata efficace. Cessate le violente aggressioni contro agenti in servizio è stata revocata la settimana scorsa. E fin qui, siamo di fronte ad un fatto circoscritto e tutto sommato di scarso interesse. Una misura operativa, contemplata dalla legge e applicata in via transitoria per garantire il controllo del territorio e il monopolio dell’esercizio della forza da parte delle autorità statali, le fondamenta del  patto sociale. Curiose sono state invece le reazioni di alcuni commentatori. L’8 gennaio in Italia, ad esempio, Il Fatto Quotidiano titolava allarmato: “Zona franca della polizia nel cuore di Amburgo”: sale la repressione. Con enfasi, cercando un effetto a dir poco surreale – si parla pur sempre di una grande democrazia nel cuore dell’Europa – l’articolo attaccava sostenendo che “ad Amburgo vige lo stato di polizia … dove la le autorità stanno mettendo in atto una repressione sistematica e contro ogni regola democratica per sedare le proteste iniziate prima di Natale”.
Il pezzo de Il Fatto Quotidiano è singolarmente vicino nei toni alle veementi proteste via twitter di centinaia di sostenitori del Premier turco Tayyip Erdogan che criticavano, ai primi di gennaio, lo stato di polizia vigente in Germania e chiedevano con quale diritto i tedeschi avessero osato condannare le violenze della polizia di Ankara durante le proteste a Gezi Park.

Lo stesso sconcerto incuriosito di fronte e tanta indignazione sembra provarlo, leggendo la sua intervista del 16 gennaio al quotidiano Die Zeit, Olaf Scholz, Sindaco della Città Stato e Presidente del Land. Uomo forte della SPD nazionale, ex Ministro del Lavoro fino al 2009 nel primo Governo Merkel, Leader incontrastato del partito ad Amburgo, Scholz è determinato, energico, volitivo. Se lo stereotipo vuole gli amburghesi freddi, controllati e razionali, Olaf Scholz non fa certo eccezione. Stile e contenuti della recente politica tedesca, in fondo, sembrano compresi in un solo aggettivo: “vernünftig”, ragionevole. È stata la parola più frequentemente utilizzata per descrivere processo e risultato delle negoziazioni che hanno portato al Patto di Governo della Grande Coalizione negli scorsi mesi, ed è la misura e il parametro di una recente politica tedesca, forse poco coraggiosa ed immaginativa, per questo anche pericolosa, di certo alla ricerca di equilibrio. Siamo lontani anni luce dagli appelli alla piazza e dallo stile parossistico di un certo populismo europeo.

Sulla “Gefahrengebiet” Scholz è tranquillo e lievemente sconcertato dal clamore sollevato. Si tratta per lui fondamentalmente di una misura efficace, come i fatti hanno dimostrato. Più importante, per Scholz, è la rimozione delle cause dello scontento – certo non quello delle frange estreme che restano irraggiungibili alla voce della ragione, in spazi comunicativi separati, dice testualmente. Mantenere la pace sociale, uno degli obiettivi dichiarati del suo mandato, è possibile attraverso azioni e decisioni di buon governo. In concreto, Scholz ricorda gli sforzi del Senato – così si chiama il Governo locale – per calmierare il mercato immobiliare nella città-stato, uno dei più vivaci della Germania,  contenendo in particolare i prezzi degli affitti. Analogamente il Governo ha imposto ai costruttori di riservare almeno un terzo dei nuovi alloggi realizzati a destinazioni di edilizia popolare.

Personalmente, ho incontrato Olaf Scholz una sola volta, lo scorso 3 dicembre in occasione della Conferenza Regionale della SPD, indetta per presentare agli iscritti il contenuto del Patto di Coalizione negoziato a Berlino.Ad affrontare dal palco gli oltre mille iscritti e la stampa erano in tre:  Sigmar Gabriel, Olaf Scholz e Aydan  Özoguz. Tutti e tre reduci delle negoziazioni appena concluse, tutti con un ruolo forte nella gestione del nuovo corso. Sigmar Gabriel e Aydan Özoguz direttamente al  governo, Vice Cancelliere, Ministro dell’Economia e dell’Energia lui; prima donna di origini turche con la responsabilità di un dicastero, quello dell’integrazione, lei. Del Sindaco ho già detto sopra.

Con lui, avrò modo di intrattenermi qualche minuto, alla fine dell’incontro, per porgli una domanda sul populismo montante, le incipienti elezioni europee e la sua visione dell’integrazione futura. Abbiamo ancora una chance?. Il Sindaco Governatore è misuratamente ottimista. Se siamo arrivati fino a qui, dice diplomaticamente, l’Europa non si sgretolerà.

Helmut Schmidt forse avrebbe qualche timore al riguardo.



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