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La Ue apre allo shale ma i big dell’energia stanno a guardare

L’Unione europea cerca di replicare il successo americano dello shale per lanciarsi nella corsa all’energia a basso costo. Nel nuovo Quadro strategico per l’azione per il clima e l’energia presentato ieri c’è anche il via libera alle attività di fracking, la tecnica di frantumazione idraulica utilizzata per estrarre il gas contenuto nelle rocce scistose. La Commissione europea lascia agli stati la possibilità di scegliere il proprio mix energetico. Toccherà agli stati decidere se sfruttare o meno gas e petrolio di scisto.  Dobbiamo garantire “sicurezza ambientale e approvvigionamento”, spiega il presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso, in conferenza stampa, l’Unione europea è “custode della sicurezza ma non deve ingerire nelle decisioni degli stati membri”.
Nonostante la decisione di Bruxelles, è difficile pensare a un boom paragonabile a quello americano. Negli Stati Uniti esistono una serie di fattori che hanno reso possibile la “shale revolution”. Una favorevole conformazione geografica del territorio, bassa densità abitativa nelle zone estrattive, accesso alle infrastrutture, industrie già all’avanguardia nel settore del fracking, una politica fiscale favorevole. In Europa tutto questo non c’è. Infatti i colossi dell’energia non sembrano più così convinti di voler puntare sul Vecchio continente. Secondo il quotidiano polacco Puls Bizbesu l’Eni sta abbandonando l’esplorazione del gas di scisto nel Paese dell’Europa orientale.  Eppure a Varsavia avevano puntato forte sullo shale. Nel tentativo di ridurre la propria dipendenza energetica dalla Russia, il governo polacco aveva cercato di elaborare nuove regole per facilitare gli investimenti nel settore. Reuters scrive che adesso le speranze che la Polonia guidi un boom dello shale gas in Europa si stanno affievolendo. Già lo scorso anno l’americana Marathon Oil e la canadese Talisman Energy avevano abbandonato il Paese motivando la marcia indietro con gli intoppi creati dalle lungaggini burocratiche e da un quadro legislativo incerto.Prima ancora era stata l’americana Exxon Mobil a lasciare. Le cose non vanno molto diversamente negli altri Paesi che avrebbero importanti riserve di idrocarburi non convenzionali. In Romania le proteste dei cittadini hanno costretto la statunitense Chevron, che aveva ottenuto le licenze per l’esplorazione, a sospendere l’attività. In Ucraina, gli abitanti di Leopoli hanno manifestato contro le trivellazioni dell’olandese Royal Dutch Shell.

In Europa, solo la Gran Bretagna sembra aver puntato davvero forte sullo shale. A dicembre il governo guidato da David Cameron ha deciso di estendere la superficie del territorio dove potranno essere effettuate le trivellazioni preliminari e ha aperto le porte alle major straniere che hanno il know how e la tecnologia necessari. La prima a farsi avanti è stata la francese Total che ha appena acquistato una partecipazione in due campi di esplorazione nelle East Midlands.



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