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Eni, Enel e Finmeccanica, la rottamazione dolce di Matteo Renzi

Arriveranno, sì certamente giungeranno. Prima o poi emergeranno prese di posizione, rilievi, interrogativi. Non c’è dubbio. Di che cosa stiamo parlando? Dei due pezzi che nello scorso fine settimana hanno agitato i palazzi del potere, non solo romano. Stiamo parlando di un primo articolone commentoso dell’editorialista Alberto Statera e di un secondo pezzone cronachistico a firma di Francesco Bei e Roberto Mania. Ovviamente usciti sul quotidiano la Repubblica che, come dire?, non è troppo anti renziano, volendo usare un eufemismo scalfariano.

Orbene, che cosa ti scodella la corazzata di Ezio Mauro e Massimo Giannini? Due scoopponi. Nel primo, tra l’altro, si racconta di come e quando (di notte, tra i cuscini) Matteo Renzi studia – trasecolando – i curricula e i compensi dei capi azienda delle maggiori aziende partecipate o controllate dallo Stato. Si parla, ad esempio, di Eni, Enel e Finmeccanica, per citare alcune delle principali. E perché invece di cinguettare il sindaco di Firenze compulsa – tra gli altri – dati anagrafici e stipendi di Paolo Scaroni (Eni), Fulvio Conti (Enel) e Alessandro Pansa (Finmeccanica)? Semplice: a maggio scadono i consigli di amministrazione delle società possedute o partecipate dal ministero dell’Economia e delle Finanze.

Nessuno scandalo, per carità: nomi, scadenze e remunerazioni sono pubblici ed evidenti sui siti delle società. Ma nel secondo scoppone di Repubblica si svelano tutti i nomi di manager interni o esterni alle aziende in ballo che sono graditi al sindaco di Firenze e aspirante sindaco d’Italia, passando per Largo del Nazareno. I giornalisti Bei e Mania elencano in maniera informata e dettagliata personalità manageriali che secondo Matteo Renzi sono per diverse ragioni, tra cui anche l’età, all’altezza delle grandi aziende partecipate dal Tesoro. All’insegna di una rottamazione dolce e salutare.

Pezzi del genere a finanzieri renziani alla Davide Serra avvolti nel fumo di Londra hanno provocato di sicuro gastriti politiche e intellettuali. Infatti, ci si potrebbe domandare serrianamente: ma è uno dei segretari del partito di maggioranza a indicare i vertici delle società statali o il Tesoro, dunque il ministero dell’Economia, di concerto con la presidenza del Consiglio? Perbacco, la forma è sostanza. O no?

Articoli come quelli di Repubblica avranno di sicuro fatto mugugnare gli imprenditori e i capitalisti frequentatori delle Leopolde dove sono stigmatizzate le ingerenze dei partiti nelle aziende, pubbliche o private che siano.

Cronache come quelle del quotidiano diretto da Ezio Mauro avrebbero, in altri tempi, provocato le sdegnate critiche di frotte di editorialisti (attenti alla distinzione dei ruoli e all’equilibrio dei poteri), di valenti commentatori (sempre pregni di memorie da Prima Repubblica in cui i segretari dei partiti cencellianamente stabilivano le nomine in banche e imprese pubbliche) e di parlamentari liberali e liberisti (che non lesinano sferzanti dichiarazioni sulle intromissioni dei partiti nell’economia).

Ma forse, oggi, non è uso disturbare il Nuovo Manovratore. Pardon, Rottamatore.



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