Nella mappa del potere, stilata lo scorso aprile da Foreign Policy, il nome di Liu Zhenya è tra quelli delle 500 personalità più potenti a livello mondiale.
Pochi mesi prima, alla vigilia del congresso del Partito comunista a novembre 2012, che avrebbe sancito il passaggio dalla quarta alla quinta generazione di leader cinesi, il presidente del consiglio d’amministrazione della State Grid Corporation of China, uno dei principali soggetti esteri interessati al 49 per cento di Cdp Reti, apriva un’inchiesta della Reuters sull’altra lotta di potere che andava in scena nei palazzi. Si trattava della lotta dei monopolisti per tutelare la loro posizione di controllo del mercato e le proprie sacche di interesse, contro le esortazioni a mettere mano e riformare le grandi aziende di Stato.
Prendendo a pretesto un massiccio blackout in India, in conferenza stampa fu proprio Liu a rimarcare la bontà del ruolo del “pubblico” nel fornire servizi. Il colosso cinese delle reti copre di fatto oltre il 80 per cento del territorio, il restante è in mano all’altra società più piccola nata dallo smembramento della National Electric Power nel 2002. Non che la State Grid sia stata esente da critiche: lo stesso Liu, allora presidente della società dovette affrontare nel 2004 le conseguenze per il blackout dovuto a una delle più gravi nevicate nel Paese da oltre mezzo secolo.
Originario della provincia dello Shandong, classe 1952, Liu è un ingegnere, come buona parte dei funzionari e dei leader saliti al potere nel corso dell’ultimo decennio. Iscritto al Pcc dal 1984, è stato membro a rotazione de passato comitato centrale del Partito e vanta una carriera trascorsa interamente nel settore dell’energia, costruita, scriveva ormai dieci anni fa il Times, più con la scaltrezza che con la mera diligenza.
Una carriera trascorsa interamente all’interno della State Grid, sin dalla sua istituzione è anche quella di Sun Yinbiao, classe 1958 e general manager della società dal 2013. Unica donna tra i vicepresidenti è Chen Yuemin, già chief accountat della società.
Ad annunciare lo scorso luglio l’intenzione di continuare a investire in Europa, se ci fosse stata l’occasione, fu invece il vicepresidente esecutivo Zheng Baosen, ingegnere di formazione, anche lui iscritto al Pcc, come tutti gli alti funzionari della società, classe 1954, ricopre la carica dal 2001, quando arrivò dalla Heilingjiang power Co, di cui era presidente dal 1999.
L’interesse per le reti italiane punta all’obiettivo di passare da 30 miliardi a 50 miliardi di asset all’estero entro il 2020. L’ultimo colpo in questo senso è stato a dicembre il via libera australiano all’acquisto del 19,9 per cento della SP AusNet e del 60 per cento della SPI Australia Assets, conosciuta anche come Jemena.
Mentre delle scorse settimane è l’acquisto di un quinto della Hk Electric, il fondo d’investimento congiunto, spin-off della Power assets di Li Ka-shing, l’uomo più ricco d’Asia. Un accordo che, dicono da Hong Kong, dov’è c’è stata l’Ipo, apre nuovi scenari per collaborazione fuori dall’ex colonia.