E’ ufficiale. Il segretario di un partito della maggioranza può far scrivere a un quotidiano i manager graditi alla testa di società a partecipazione pubblica i cui vertici sono in scadenza.
Ha un bel dire il partito in questione – ovvero il Pd – che quell’articolo non è stato preso in considerazione, come ha detto l’ufficio stampa del Pd a Formiche.net. L’articolo, o meglio gli articoli, sono quelli pubblicati dal quotidiano la Repubblica con nomi e dettagli tali da non far dubitare della fondatezza delle informazioni. Infatti non c’è stata alcuna smentita e precisazione. Ottimo lavoro a Repubblica.
Ma il silenzio accondiscente con cui è stato accolto l’articolo è il segno di un unanimismo tartufesco di stampo bulgaro. Ci si può accapigliare su tutto, dunque su niente. Ci si può baloccare con le minuzie dei modelli elettorali e con i Jocs Act. Ma se nel foglio Excel renziano ci sono già i nomi graditi dal segretario del Pd per Eni, Enel, Finmeccanica e altri grandi aziende partecipate o controllate dal Tesoro per le quali si sta avviando la procedura di nomina dei vertici, e nessuno si scandalizza, o quanto meno si pongono interrogativi, allora la rottamazione delle regole è già avvenuta.
O quanto meno è stata rottamata l’ipocrisia secondo cui non spetta a leader di partiti piccoli o grandi l’indicazione di nomi per le suddette nomine. Ed è stata anche rottamata l’usanza di qualche isolato editorialista e commentatore, come lo era Massimo Mucchetti, prima di diventare senatore del Pd, di chiedere al Tesoro i progetti strategici delle aziende per le quali nominare i vertici. Perché quei vertici, senza essere legati a obiettivi e finalità, potevano essere preda di volubili volontà partitiche.
Ma forse è questo il nuovismo dei rottamatori: rottamare le ipocrisie. Vedremo.