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Poste, Enav, Cdp Reti e il liberismo metafisico

Benvenuti nel fantastico mondo dell’intellighentia che sdottoreggia dai principali pulpiti editoriali.

Si prenda Francesco Giavazzi, il vate del liberismo che pontifica da anni, forse da decenni, dalla prima pagina del Corriere della Sera. Il prof. bocconiano da tempo immemore impartisce lezioni su come, quando e perché è urgente privatizzare tutto il privatizzabile in Italia. Ben detto. Avanti con il merito e la concorrenza. Peccato che la concorrenza nelle patrie del liberismo, come Stati Uniti e Inghilterra, prevede corpose eccezioni. Ma non scantoniamo.

I (SALUTARI?) DIKTAT DI BRUXELLES
I privatizzatori “ora e subito” alla Giavazzi, però, proprio quando il governo Letta e il ministro draghiano Fabrizio Saccomanni annunciano un piano di privatizzazioni non proprio stile Chavez, iniziano a filosofeggiare, come ha fatto Giavazzi sul Corriere della Seraa proposito della privatizzazione parziale di Poste Italiane. Però il Tesoro dismette solo il 40% di Poste… Però non si liberalizza pienamente il settore prima della messa sul mercato…. Però non si scorpora prima il Bancoposta, ecc. Bene bravo bis. Ma i fan della privatizzazioni non consigliano da anni, incessantemente, dismissioni “ora e subito”? E ora e subito lo dice – anzi lo intima – proprio quella Commissione di Bruxelles – santificata dai Giavazzi per la salutare austerità imposta – che ci impone di far cassa con le dismissioni per consolidare gli equilibri della finanza pubblica.

I LIBERISTI PRO COLOSSI STATALI
Le stranezze dei dibattiti sulle privatizzazioni non finiscono qui. Infatti gli stessi che si scandalizzano se si vendono solo quote di minoranza di alcune società pubbliche sono i primi ad applaudire se tra i soci esteri interessati a entrare nel capitale delle società del Tesoro ci sono colossi o fondi di diretta emanazione di Stati esteri. Beninteso, colossi e fondi stranieri benvenuti per dare linfa all’Italia, purché si vaglino anche impatti strategici e industriali.

POSTE, GOLDEN POWER E TETTI AZIONARI 
E non è finita qui. Ci sono stati anche economisti di diversa estrazione e impostazione rispetto a Giavazzi, come l’ex ministro Francesco Forte, che sul Giornale hanno criticato l’idea che una fetta delle azioni privatizzate di Poste possano andare ai dipendenti. Forte ha concentrato le critiche sulla gratuità delle azioni; gratuità pare non ancora prevista e comunque all’estero ci sono già stati alcuni casi. A questo proposito solo il Sole 24 Ore, grazie a un articolo di Laura Serafini, ha sottolineato altre due caratteristiche eccentriche delle privatizzazioni alla Letta e Saccomanni; caratteristiche che dovrebbero soddisfare i Giavazzi. Serafini ha rimarcato che “nell’elenco dei settori tutelati dal golden power il comparto dei recapiti, in realtà allargato alla logistica, finanza, assicurazioni e telefonia mobile vista la diversificazione realizzata dal gruppo guidato da Massimo Sarmi, non è previsto. Nè è facile introdurlo quando si dovesse creare lo stato di bisogno. Neanche il tetto al possesso azionario è stato preso in considerazione dall’esecutivo Letta”. Invece, ha ricordato Serafini, “in passato, per i casi più noti come Enel e Finmeccanica, golden share e tetto al possesso azionario sono stati introdotti con appositi Dpcm prima del collocamento in Borsa delle società, dunque prima di cedere percentuali di minoranza attorno al 30-40 per cento”.

DOSSIER ENAV
Ma la furia anti Stato non ha limiti. Lo stesso quotidiano di Confindustria, in un articolo sulla privatizzazione fino al 40% di Enav, la società di assistenza al volo, ha scritto negli scorsi giorni: “Nel decreto della presidenza del consiglio esaminato dal Consiglio dei ministri la scorsa settimana – in cui non si esclude la possibilità del doppio binario e di più fasi per la vendita – si sottolinea la necessità, laddove di scegliesse l’asta competitiva di scongiurare situazioni di “conflitto di interessi”, che potrebbero presentarsi se a farsi avanti fosse una compagnia aerea o un gestore aeroportuale come potrebbe essere, per l’appunto, F2i che ha in pancia più partecipazioni in più scali nazionali”.

QUALI CONFLITTI DI INTERESSE?
Urca, conflitto di interessi. Perbacco. Forse qualcuno dimentica che le Enav di altri Paesi, ad esempio come Germania e Olanda, come ricostruito da Michela Della Maggesa di Airpress, sono a totale controllo statale. Ma i fatti, si sa, non devono contraddire le teorie. Comunque, come scrive oggi Laura Serafini del Sole, il governo Letta – sulla base del Dpcm esaminato dal Consiglio dei ministri che ieri ha iniziato l’iter parlamentare in commissione Lavori pubblici del Senato – privilegia la quotazione in Borsa, pur non escludendo la trattativa diretta, su cui puntano altri, come le Enav di Germania (Dfs), Olanda (Lvnl) e Inghilterra (la privata Nats).

IL DIBATTUTO F2i
E poi, perché si vocifera di un conflitto di interesse? Ma certo, perché F2i (Fondo per le infrastrutture) è partecipato anche dalla Cassa depositi e prestiti presieduta da Franco Bassanini e guidata dall’ad, Giovanni Gorno Tempini, società controllata con l’80% dal ministero dell’Economia. Orrore! La sgr di F2i, partecipata anche dal Tesoro con il 15% (stessa quota detenuta da Intesa, Unicredit e Merrill Lynch, oltre a Cariplo con il 13% e la Fondazione Crt con il 6%), e che ha partecipazioni in diversi gestori aeroportuali come Linate, Malpensa, Capodichino, Torino e Bologna, si candida a diventare partner, o uno dei partner, di Enav! E il conflitto di interessi quale sarebbe, secondo questa ipotetica interpretazione normativa? Che un fondo, il quale detiene quote di società aeroportuali – come appunto F2i presieduto da Giuliano Asperti e capitanato dall’ad, Vito Gamberale – possa avere una quota di minoranza di Enav, una società che rende un servizio al trasporto aereo e quindi alle compagnie, non direttamente agli aeroporti.

I DUBBI 

Addetti ai lavori del trasporto aereo fanno comunque notare che avere nel cda di Enav rappresentanti di un fondo come F2i, che devono poi decidere e votare investimenti in alcuni scali e non in altri, può effettivamente sollevare un problema di conflitti di interessi o comunque condizionamenti viste le partecipazioni del fondo della Cdp in gestori aeroportuali. Peccato che tali questioni non siano sollevate in Paesi come l’Inghilterra in cui è una compagnia aerea (British Airways) a controllare l’Enav britannica.

LE CONTRADDIZIONI

Secondo quanto scrive il Sole oggi, il regolamento Ue 1035/2011 richiamato dal Dpcm sollecita misure che vietano l’ingresso nel capitale dei service provider di gestori aeroportuali, compagnie aeree e costruttori di tecnologia. Ratio che evidentemente non vale se colossi industriali cinesi come State Grid si candidano a rilevare fino al 49% di Cdp Reti, che possiede il 15% di Snam e presto potrebbe possedere oltre il 20% di Terna.

Misteri del liberismo metafisico alla Giavazzi.



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