Dallo scorso 12 febbraio gli studenti venezuelani sono in piazza contro il governo del presidente Nicolás Maduro. Quattro persone sono morte negli scontri con la polizia; ci sono stati centinaia di feriti con armi da fuoco e altrettanti detenuti. La protesta è cominciata durante la commemorazione della Giornata della Gioventù, la festa che ricorda l’aiuto degli studenti alla causa indipendentista il 12 febbraio del 1814. Ma ora nelle strade venezuelane ci sono anche pensionati, casalinghe, professori universitari, giovani e adulti. Gente della classe media o del proletariato, che manifesta per gli stessi motivi: l’alto tasso di criminalità, l’inflazione e la mancanza sul mercato di prodotti di prima necessità.
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I MOTIVI DELLA PROTESTA
Come può un Paese ricco di risorse naturali come il Venezuela essere il più povero dell’America Latina? La produzione di petrolio nel 2013 è arrivata a 2,759 milioni di barili al giorno venduti a quasi 100 euro l’uno, ma l’economia venezuelana si sta sgretolando. Si importa quasi l’80% dei prodotti di consumo interno e l’inflazione è la più alta del mondo (56,4%). A causa del controllo monetario, scarseggia il 28% dei prodotti di prima necessità. Una decina di giornali sono stati chiusi per mancanza di carta e i media ancora attivi hanno deciso di auto-censurarsi per mantenersi in vita. Solo nel 2013 ci sono stati 24mila omicidi di cui il 97% è rimasto impunito.
Se prima a manifestare era la borghesia, da sempre in opposizione al regime chavista, ora la protesta si è estesa anche nella classe popolare che rimpiange il presidente scomparso Hugo Chávez.
CONTRO I LEADER
Anche questa volta, come accaduto in passato, Maduro ha puntato il dito contro gli Stati Uniti. Secondo il presidente, il governo americano ha infiltrato alcuni agenti per seminare instabilità nel Paese e realizzare il suo progetto “imperialista”. Per questo ha deciso di espellere tre funzionari dell’ambasciata americana in Venezuela. “Ho dato l’ordine al ministro degli Affari esteri, Elias Jaua… che se ne vadano a cospirare a Washington”, ha detto Maduro.
Contro i leader dell’opposizione venezuelana, invece, il capo di Stato ha annunciato in un discorso televisivo un ordine di arresto nei confronti di Iván Carratú e Fernando Gerbasi. I due sarebbero stati intercettati mentre sostenevano che la manifestazione del 12 febbraio sarebbe stata come quella dell’11 aprile, giorno in cui a seguito di una protesta in cui sono morte 17 persone, le forze armate hanno deposto il presidente Hugo Chávez. Inoltre, un giudice ha autorizzato l’arresto di un altro importante leader dell’opposizione: Leopoldo López. Nonostante la minaccia, López ha detto che domani sarà in prima fila in una manifestazione davanti al ministero dell’Interno e della Giustizia per chiedere la fine delle violenze contro gli studenti.
CRISI ALL’INTERNO DEL CHAVISMO
Uno dei problemi principali è la crisi politica del chavismo. Il presidente dell’Assemblea Nazionale, leader storico delle forze armate, Diosdado Cabello, ha accusato “l’opposizione fascista” di voler tentare un colpo di Stato. Ma alcune indiscrezioni sostengono che sia proprio lui a voler prendere il potere con le armi da quando è iniziato lo scontro con Maduro, indicato da Chávez come suo successore. Alcune fonti indicano che nelle prossime ore, con l’acuirsi della tensione, potrebbero addirittura essere sospese le garanzie costituzionali.
LA COALIZIONE DELL’OPPOSIZIONE
All’interno dell’opposizione ci sono anche differenze sostanziali. I leader Leopoldo López, Maria Corina Machado e Antonio Ledezma hanno formato un blocco che non è molto in sintonia con l’ex candidato presidenziale e governatore dello stato Miranda, Henrique Capriles Radonski. Ma in questo primo passaggio le divisioni non sono un problema. La coalizione dell’opposizione Mesa para la Unidad Democrática (Mud) combatte in questo momento per un unico obiettivo: la fine della repressione contro gli studenti e le dimissioni del governo di Maduro. Quello che accadrà dopo si vedrà.
Ecco il messaggio del leader dell’opposizione Leopoldo López