Ieri il giornalista Adam Taylor si chiedeva sulle pagine del Washington Post perché, a fronte dell’ampia copertura data della situazione ucraina, la crisi in Venezuela sia ignorata dai media. Attraverso un’analisi dei contenuti dei principali quotidiani americani nel fine settimana, Taylor ha fatto un confronto dell’attenzione mediatica per le proteste nei due Paesi e ha espresso il suo dubbio: “Merita davvero più attenzione l’Ucraina rispetto al Venezuela?”.
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Le proteste contro il governo del presidente Nicolás Maduro non trovano molto spazio sulla stampa estera. Forse ha trovato risalto solo nell’ultima settimana, dopo che la morte di 15 persone e la repressione delle proteste da parte delle Forze armate è stata resa evidente attraverso social network, fotografie e video, e soprattutto dopo che il ministero delle Comunicazioni, sempre per ordine di Maduro, ha cacciato dal territorio venezuelano i corrispondenti della Cnn, l’unico canale informativo che copriva le manifestazioni. Tuttavia, il silenzio della sinistra italiana su quanto accade in Venezuela è recente. Ci si domanda: dove sono ora tutti quelli che applaudivano il processo politico del presidente Hugo Chávez e volevano persino esportarlo in Europa?
Ecco una carrellata di che cosa hanno detto e scritto diversi esponenti dell’intellettualità italiana progressista.
GIANNI VATTIMO
“Se la scelta è tra la democrazia, imperfetta, europea e nordamericana, ormai soffocata dal peso del denaro che domina le campagne elettorali e la democrazia imperfetta di Chávez e di Castro, scelgo quest’ultima, in nome della solidarietà con i più deboli e dello sforzo, che vedo qui all’opera, di costruire una società più giusta, anche se spesso non più ricca”. Con queste parole il filosofo italiano Gianni Vattimo applaudiva il modello chavista sulle pagine della Stampa del 25 luglio 2005. Quindici anni dopo, il Venezuela ha l’inflazione più alta del mondo (56%) e un alto indice di criminalità (24mila omicidi nel 2013 di cui il 97% è rimasto impunito). Dov’è Vattimo ora che i venezuelani, sia di ceto proletario sia borghese, sono in piazza a manifestare contro questa situazione?
GIANNI MINÀ
Difensore da sempre del chavismo è stato Gianni Minà. Al giornalista piaceva il “militarismo progressista” di Chávez, figlio adottivo di Castro. Sul Manifesto del 13 maggio 2002 Minà elogiava “l’illusione di poter fare una politica sconveniente agli Stati Uniti e alle multinazionali dell’energia”. Nel febbraio 2003, quando lo intervistò per il libro Il continente desaparecido, mostrò grande entusiasmo per il “militare progressista”. Minà a volte era persino più chavista di Chávez: cercava di convincere a tutti i costi Chávez a dire che gli Usa avevano organizzato il golpe del 2002. Dov’è Minà ora che il modello è contestato?
NICHI VENDOLA
“Ho una profonda simpatia per quel laboratorio chiamato ‘rivoluzione bolivariana’, un’esperienza che ha fatto invecchiare la stella di Cuba, perché Chávez, questa è la profonda verità, riesce dove Fidel ha fallito”. Queste sono state le parole di Nichi Vendola, pubblicate dal Corriere della sera, poco dopo il risultato delle elezioni presidenziali venezuelane del 2012. In un’intervista al quotidiano argentino Página 12, il leader di Sinistra, Ecologia e Libertà, si era detto “invidioso dell’America latina e delle sue rivoluzioni: quelle guidate dal presidente venezuelano Hugo Chávez, il presidente boliviano Evo Morales e gli altri leader di sinistra”. Vendola si congratulava perché “lì (in Venezuela) non ci si misura con le biografie dei protagonisti politici, ma con i problemi reali della gente”. Dov’è ora Vendola?
TONI NEGRI
Anche Toni Negri aveva mostrato apprezzamento per il processo bolivariano di Chávez. Il presidente aveva ricambiato i complimenti invitandolo a Telesur e citandolo spesso durante trasmissioni televisive. In un articolo pubblicato su Panorama nel 2006, Pino Buongiorno ricorda le parole di Negri: “Per me è molto interessante vedere come si sviluppa questo processo rivoluzionario, che dà il potere al popolo… Il nemico si può sconfiggere solo con la lotta di classe. Voi lo chiamate socialismo, io lo definirei comunismo”. Dov’è ora Negri che il comunismo sembra aver fallito in Venezuela?
FAUSTO BERTINOTTI
Tra gli ex-parlamentari italiani, Fausto Bertinotti e Gennaro Migliore di Rifondazione comunista (Migliore ora è in Sel) sono stati “i più chavisti” di tutti. In un’intervista diffusa dall’Ambasciata venezuelana in Italia, il leader della sinistra sosteneva che “quello della sinistra in Latinoamerica è un processo più concreto… Una delle lezioni più importanti ci arriva dal Sudamerica ed è lo sforzo per non lasciarsi dividere dall’immensa diversità di quella regione. È un’esperienza di rinascita della politica di un popolo”. Enfatizzava il successo del governo venezuelano con “un ruolo fondamentale nel portare avanti un processo che riguarda tutta l’America latina. Che non solo cerca di fare crescere questo paese per vincere le disuguaglianze sociali ma che ha come obiettivo principale ridare la dignità al popolo”. Per Bertinotti, il chavismo era “un movimento che cerca di dare al popolo un migliore futuro”. Dov’è ora Bertinotti?
RIFONDAZIONE COMUNISTA
A pronunciarsi sulla crisi in Venezuela, invece, è stata la direzione nazionale di Rifondazione Comunista, per esprimere “la propria solidarietà e vicinanza al legittimo governo della Repubblica Bolivariana del Venezuela, vittima di un nuovo tentativo di golpe strisciante”. Secondo il partito di sinistra, “la difficile situazione economica e sociale viene utilizzata da una parte dell’opposizione, espressione dell’oligarchia economica del Paese, per tentare di rovesciare il legittimo governo venezuelano e di fomentare lo scontro civile in Venezuela”. Per loro è un copione già visto in tutto il mondo, con l’ingerenza delle forze imperialiste che non hanno mai smesso di sostenere e foraggiare i gruppi più oltranzisti e golpisti. Rifondazione Comunista denuncia anche “il ruolo inaccettabile dell’informazione, che in Italia produce una sistematica disinformazione sulla situazione venezuelana, a partire dall’etichettatura di regime o dittatura”.
BEPPE GRILLO E IL M5S
“Venezuela, un popolo che lotta e muore dimenticato dai media”, è stato scritto sul blog di Beppe Grillo. Tra immagini della repressione delle Forze armate contro i manifestanti, una citazione del Guardian e i commenti dell’analista Moisés Naím, il leader del Movimento 5 Stelle ha descritto la situazione del Paese sudamericano e l’incapacità del governo di gestire l’economia. “Nei negozi non c’è neppure il latte per i bambini… Intanto, i morti salgono a sei (ora sono 15, ndr)”.
Ma altri simpatizzanti del M5S non la pensavano in modo uguale. “Partendo dal ‘modello’ venezuelano si è discusso di cosa potrebbe accadere nei prossimi mesi anche in Italia, avviando una serie di iniziative volte a tutelare le fasce più deboli e con una rappresentanza parlamentare eletta direttamente dal basso”, si leggeva in un comunicato diffuso il 20 febbraio del 2013 dalla delegazione del Movimento 5 Stelle coordinata da Bartolomeo Pepe.
“La rivolta di Caracas non tira. Sarà perché è di destra?”. Con questo titolo il quotidiano Libero commentava ieri il silenzio dei media italiani sulla crisi venezuelana. “Fame, scontri e repressione: anche in Venezuela c’è un tiranno da abbattere. Ma è di sinistra e da noi i media lo ignorano”, ha scritto Glauco Maggi. In piazza contro Maduro c’è però anche l’estrema sinistra venezuelana.