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Viaggio esilarante nella giostra delle idee economiche di Renzi

Intervistato a Palazzo Chigi da Giovanni Floris per Ballarò, Renzi ha spiegato tutte le sue ideone per cambiare verso al Paese.

Come ampiamente sospettato, sulle coperture lo studente Renzi non ha studiato, e spesso si trova disattento. “Entro un mese” avremo i dettagli, promette Renzi, ma intanto enumera le potenziali coperture, e le individua nella ormai salvifica spending review di Carlo Cottarelli e (udite udite) nel ritorno dei mitologici capitali italiani dalla Svizzera, in quella che appare una botta di sano berlusconismo.

Inutilmente Floris, col suo sorrisetto permanente, tenta di ricordargli che quella non sarebbe una copertura “strutturale” ma una tantum, e che già altri in passato hanno tentato, senza successo. Renzi è già lontano, e risponde con un bel ghe pensi mi da Silvio dei giorni migliori: “Quella se la son giocata tutti, ma non l’ha fatta nessuno”.

SILENZIO, PARLA TADDEI

Renzi è talmente impegnato a compulsare compulsivamente tablet e smartphone che deve essersi perso quello che sempre Filippo Taddei ha detto, la settimana scorsa, a La telefonata di Maurizio Belpietro: «Il nostro obiettivo è offrire una riduzione del carico fiscale che sia duratura e certa. La dobbiamo finire con le operazioni straordinarie ed i fantomatici gettiti da rientro dei capitali». Preciso. Poi Renzi parla del ruolo dell’altra pentola d’oro in fondo all’arcobaleno, la Cassa Depositi e Prestiti. E sono subito fuochi d’artificio: «La Cassa Depositi e Prestiti ci può aiutare a fare quello che ha fatto la Spagna, per circa 60 miliardi di euro, con un effetto benefico immediato. Aiuterà con i fondi per lotta al credit crunch, e in 15 giorni permetterà di sbloccare i 60 miliardi che sono bloccati per i debiti della P.A.».

LA CORRIDA DELLA CASSA

Ora, questo è ovviamente impossibile, ma la cosa più interessante è che Renzi deve aver creduto alla fiaba che in Spagna non solo la rana gracida in campagna ma pure che gli asini volano, e quindi ha già inforcato felice il suo costumino con le ali. Non esiste alcuno “shock prodotto dalla Spagna sulla liquidità”, sarebbe interessante capire da dove Renzi ha preso questa botta di provincialismo magico, che fa il perfetto paio con “le spese per la sanità sono tutte online in Regno Unito” e “In Italia le rendite finanziarie hanno la tassazione più bassa che nel resto d’Europa”. E non è vero, basterebbe verificare.

VECCHI E VECCHIETTE

Ecco, le “rendite”. Renzi precisa che non vuole tassare i Bot delle vecchiette, come incautamente asserito dal suo sottosegretario-ex-machina, ma piuttosto si lancia in una tassonomia dei “tipi di rendite finanziarie” (che pare coinvolgere i capital gain in una suggestione di Tobin Tax), che lo porta ad affermare che occorre tassare “non i Bot ma la rendita finanziaria pura“. Che pensiamo sia quella non tagliata, né con lattosio né con borotalco, perché altre definizioni non ce ne vengono né esistono. Poiché il giorno dell’ autosconfessione è sempre più prossimo (ma i Cazzulli turibolanti che infestano gli schermi con le loro gorgoglianti esegesi manco se ne accorgeranno), è utile riprendere il solito Taddei, in una intervista comparsa oggi sul Quotidiano Nazionale, che pensiamo sia quella definitiva: Il taglio del cuneo fiscale “sarà finanziato per due terzi dalla riduzione della spesa” prevista dal piano Cottarelli, “la parte rimanente potrebbe venire dall’uniformazione delle aliquote sulle rendite finanziarie”. E insiste: per ridurre il cuneo fiscale “stiamo ragionando su una aliquota unica”.

CONFUSIONI DA RENDITE

Quindi, “entro un mese” sarà chiaro che i titoli di Stato in mano ai nettisti (cioè ai privati) saranno tassati al 20%, e che le anziane sono dei parassiti del lavoro. In quel momento, Renzi avrà dato senso compiuto al concetto di “rendita finanziaria pura” ma nessun giornalista glielo farà notare, perché anche in quel caso Renzi lo tramortirebbe con la fiaba di “Fatima e Maria che sono in classe assieme ma una è italiana e l’altra no”.

UN CUNEO TUTTO DA CAPIRE

Renzi riesce pure a disfare l’opera di Taddei sulla strutturazione dell’intervento sul cuneo fiscale: «Sul cuneo fiscale, ci sono scuole pensiero diverso, Padoan si è preso tempo per verificarle. Alcuni professori della Bocconi insistono su 20-23 miliardi, altri hanno idea diversa. Un modo è abbassare Irap, un altro è abbassare Irpef, il terzo sul quale stiamo ragionando è quello degli oneri sociali».

NELLE MANI DI PADOAN E COTTARELLI

Qualcuno gli spiegherà che le strade sono entrambe, lato impresa e lato lavoratore, e non c’è alcuna “scuola di pensiero”, né della Bocconi né della Scuola di Atene, quella dove bivacca la Troika da anni. In breve, il paese appare in mano a due uomini della Provvidenza: Pier Carlo Padoan e Carlo Cottarelli.

Il commento integrale si può leggere qui



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