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Caro segretario Renzi, è più democrat tagliare l’Irap che l’Irpef. Parola di senatore Pd

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Il Presidente Renzi ha ragione nell’invitare a lasciare da parte “ il derby” tra imprese e sindacati. Il mio ragionamento già espresso in occasione della Legge di Stabilità e nel dibattito sull’approvazione del decreto “Destinazione Italia”, si basa esclusivamente su considerazioni in ordine all’efficacia sull’economia, quindi sull’occupazione, degli strumenti a disposizione.

La grave crisi economica, attraversata dal nostro Paese da alcuni anni, non si allontana e i segnali di ripresa sono troppo flebili. Non crescere significa, tra gli altri effetti, non riuscire a creare quelle opportunità occupazionali necessarie per riassorbire gli elevati tassi di disoccupazione, soprattutto giovanile, che rappresentano la vera piaga sociale del nostro Paese.

Di fronte a questi elementi, nello scegliere i provvedimenti da adottare non possiamo non avere bene in mente che “una società in cui sia presente un solo disoccupato è una società nella quale vi è una ferita aperta. Per lui, va rivendicata innanzi tutto la desiderabilità prioritaria, e non soggetta a condizioni di alcun genere, del pieno impiego” (cit. Federico Caffè).

Oggi, quella ferità aperta nella nostra società ha raggiunto dimensioni intollerabili e ci sollecita alla più ferma e pronta risposta, dando priorità alla nuova occupazione, risultato non conseguibile con gli incentivi. La scelta di intervenire sull’Irpef per sostenere la domanda interna affinché con il rilancio dei consumi si possa far ripartire la produzione, in una condizione di risorse limitate, rappresenta a mio parere una scelta dallo scarso impatto sull’economia e sull’occupazione.

Le risorse impegnate per incrementare il reddito presentano due obiezioni: non aumentano la competitività del nostro sistema industriale e non ottengono l’effetto di far ripartire la produzione al fine di creare nuovi posti di lavoro. L’Osservatorio sul risparmio delle famiglie prevede che gli italiani, in caso di maggiore disponibilità di reddito, siano orientati a risparmiare in questo anno sia per l’incertezza sia per ricostituire le risorse finanziarie consumate in questi anni di crisi.

Se l’obiettivo imprescindibile deve essere la contrazione degli elevati tassi di disoccupazione, in particolare giovanile, il percorso non può che essere l’impresa ovvero la creazione di un contesto in grado di consentire al nostro tessuto produttivo di poter creare occupazione. Chi è disoccupato e senza reddito se trova occupazione libera le risorse della famiglia su cui magari ha potuto contare per avere sostegno e una parte del suo reddito la spenderà necessariamente. Inoltre, agendo sull’imposizione fiscale alle imprese aumentiamo la loro competitività con effetti più duraturi sulla nostra economia delle risorse impiegate.

Poiché il nostro sistema produttivo si basa per il 97% su piccole e medie imprese, l’intervento ha anche valenza sociale immediata. Dai loro sforzi che dobbiamo partire per consentire all’economia italiana di riaccendere i motori della crescita e tramite essa ridurre la disoccupazione e le disuguaglianze. Occorre introdurre una terapia d’urto per la nostra economia con efficacia immediata a cui dovrà seguire un insieme di riforme in grado di dispiegare i loro effetti nel lungo periodo.

Assumiamoci la responsabilità di adottare subito un provvedimento legislativo che consenta di raggiungere quattro obiettivi:
1) consentire alle imprese di recuperare competitività attraverso la riduzione del costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP) sciogliendo il nodo del cuneo fiscale;
2) introduzione di una normativa fiscale per la tassazione dei redditi d’impresa in grado di poter competere con i principali sistemi tributari internazionale;
3) riduzione dell’incidenza del peso dell’IRAP sul costo del lavoro;
4) ripresa degli investimenti in lavori pubblici immediatamente cantierabili nell’ambito delle piccole opere pubbliche gestite direttamente dagli enti locali.
Dobbiamo tradurre questi obiettivi in azioni concrete che garantiscano l’indispensabile equilibrio dei conti pubblici, utilizzando tutte le risorse derivanti processi di revisione della spesa pubblica, della lotta all’evasione, di minori oneri del debito pubblico. Le possibili azioni per raggiungere i risultati indicati possono essere:

a) riduzione di 5 punti percentuali degli oneri contributi a carico dell’impresa ovvero di quegli oneri che rappresentano un fattore determinante del costo del lavoro. In altre parole, ridurre il costo del lavoro e quindi il cuneo fiscale dal lato dell’impresa attraverso una azione coraggiosa sui c.d. oneri impropri ovvero la contribuzione per la disoccupazione, per la maternità, la malattia e per gli assegni familiari, senza intaccare quella parte di contributi che va a finanziare i fondi pensione i c.d. IVS che rappresentano i redditi di domani per migliaia di lavoratori. Solo per fare un esempio, nel settore dell’industria le voci di costo appena citate (disoccupazione, maternità, malattia, assegni familiari) rappresentano ben 5 punti percentuali di un onere complessivo che per l’impresa supera il 42,00 %. In via prudenziale, l’intervento proposto determina minori entrate contributive pari a 10 miliardi di euro la cui copertura potrebbe essere garantita, in parte, da un revisione degli attuali regimi di sottocontribuzione previsti per i parasubordinati e gli autonomi, regimi che oggi, non hanno più ragioni d’essere. L’attuazione di questo intervento deve associarsi ad una necessaria revisione del nostro welfare che da assistenzialistico (con tratti di pericoloso paternalismo) deve divenire uno strumento decisivo per la crescita.

b) riduzione dell’onere IRAP sul costo del lavoro attraverso un intervento che raddoppi le esenzioni e deduzioni attualmente previste in materia. Questo aumento della deduzione forfetaria determina una drastica eliminazione del costo del lavoro dalla base imponibile IRAP con un consistente risparmio fiscale per le attività produttive che impiegano forza lavoro nell’ambito del processo produttivo (attività labour intensive). La copertura finanziaria dell’intervento stimato in 1 miliardo di euro può essere garantita da un aumento di 2,5 punti percentuali dell’attuale aliquota di imposta applicata ai proventi derivanti da apparecchi e congegni di gioco attualmente pari al 13,50 % delle somme giocate.

c) riduzione di 1,5 punti percentuali dell’IRES che potrà passare dall’attuale 27,50 % al 26,00 %. La riduzione proposta va incontro alle raccomandazioni provenienti dagli organi comunitari di ridurre le aliquote nominali relativamente alla tassazione dei redditi di impresa al fine di consentire al nostro sistema fiscale di essere competitivo nell’ambito di un’ampia concorrenza internazionale. Le minori entrate derivanti dalla modifica proposta, stimabili in via prudenziale in 1,985 miliari di euro, potrebbero trovare copertura attraverso quanto previsto nei successivi punti e) ed f);
d) potenziare il ruolo delle autonomie locali quali attori fondamentali per promuovere un sviluppo economico che sia duraturo, sostenibile ed equo. La programmazione dei fondi comunitari 2014/2020 riconosce un ruolo centrale alle città chiamate a divenire i player principali nella gestione di una grandissima quantità di risorse. Una nuova normativa che amplifichi le competenze degli enti locali, anche con nuove potestà tributarie e responsabilità, potrà essere un amplificatore decisivo degli effetti derivanti dall’impiego dei fondi europei, superando le criticità del passato.

e) revisione della disciplina delle stock option. E’ corretto che un manager a cui viene riconosciuto un compenso annuale di oltre 400.000 euro, attraverso lo strumento delle stock option, veda riconoscersi su di esso il beneficio dell’esenzione contributiva Inps , mentre un lavoratore a cui venga riconosciuto un compenso annuale di 15.000,00 euro dovrà pagare contributi Inps pari 1.400,00 euro?

f) aumento della tassazione sulle rendite finanziare e sulle plusvalenze attualmente al 20% di almeno 5 punti percentuali escludendo i titoli di Stato, le obbligazioni di Stati inclusi nella Wight List, buoni postali di risparmio e piani di risparmio a lungo termine.

g) oggi, più che mai abbiamo bisogno di utilizzare la spesa pubblica per investimenti per riprendere a crescere e ridurre la disoccupazione, un’applicazione della spesa pubblica che diversamente dal passato sia in grado di produrre il massimo risultato rispetto ai mezzi impiegati: è inutile quell’atteggiamento di cieca austerità che impedisce l’utilizzo di un importante variabile di politica economica. A tal fine un utile strumento può essere il finanziamento di piccole opere pubbliche da far avviare agli enti locali, immediatamente cantierabili, nel settore della riqualificazione urbanistica, della manutenzione del patrimonio edilizio e nei comuni montani interventi per la tutela del suolo e di contrasto dei fenomeni di dissesto idrogeologico. Possiamo contare sui numerosi progetti presentanti dalle amministrazioni comunali in occasioni del PIANO CITTA’ con 457 progetti già esecutivi e che i comuni possono essere in grado di avviare subito, senza dimenticare il progetto 6000 CAMPANILI. Infine, l’edilizia popolare può rappresentare un volano di straordinaria entità se accompagnato all’introduzione di un sistema di finanziamento strutturale per l’edilizia residenziale pubblica come l’utilizzo degli introiti derivanti dalla cedolare secca pari ad 1 miliardo e 300 milioni l’anno.

h) il credito di imposta per la ricerca e ogni ulteriore strumento per sostenerla deve avere carattere strutturale e coprire non solo gli incrementi ma anche il volume delle spese ricorrenti. Il 2013 in termini di deposito di brevetti da parte dell’Italia ha consolidato il trend negativo: meno di 5.000 nuovi brevetti rispetto agli oltre 30.000 della Germania.

Queste le azioni che proponiamo quali punti centrali per far ripartire l’Italia attraverso un vero e proprio shock sul versante della produzione ed in grado di combattere la disoccupazione e la caduta del reddito nazionale. Uno shock benefico per l’asfittica domanda interna che non è in grado di avviare la ripresa, incapacità che non possiamo, come di fatto stiamo facendo, supplire con la domanda estera, vero strumento di salvezza della nostra economia. Non abbandoneremo mai la recessione e una crescita dallo zero virgola se non facciamo ripartire la domanda interna e con essa l’occupazione.

Parte di queste proposte sono già state presentante in occasione del dibattito sulla Legge di Stabilità 2014, come nel caso del intervento sull’IRAP che aveva ottenuto il visto da parte della Ragioneria di Stato, e nel corso della conversione della decreto legge “Destinazione Italia”.

* Senatore del Partito Democratico – componente Commissione Finanze e Tesoro


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