“Politica 1- Disfattismo 0, questa è la #svoltabuona”. Fotografa con questo cinguettio Matteo Renzi tutta la sua soddisfazione per il sì della Camera all’Italicum. Un biglietto da visita che gli permette di presentarsi da vincitore questo pomeriggio nel suo “supermercoledì” per illustrare i provvedimenti economici.
Ma, a ben guardare il risultato uscito da Montecitorio, c’è poco da stare allegri. Dai tabulati della votazione, emerge infatti che 23 dei 24 voti mancati all’asse Pd-Fi-Ncd sulla riforma sono targati democrat. La minoranza del partito promette battaglia in Senato, dove tra l’altro i numeri sono più risicati. Il Pd rischia di spaccarsi, soprattutto sul tema quote-rosa, dando l’ennesima immagine deleteria di sé ai suoi elettori. E con le Europee che si avvicinano, il rischio si fa ancora più pericoloso per Renzi, interessato com’è a trionfare in questo primo vero test elettorale.
Perde pezzi anche la maggioranza di governo: 72 voti in meno sul voto finale, dovuti all’astensione di Scelta Civica e Popolari per l’Italia e al no di Centro democratico. I piccoli partiti sono sul piede di guerra per una legge che il leader dei Popolari Mario Mauro definisce “antidemocratica e pericolosa” e che rischia di farli sparire dal Parlamento.
Gioisce Berlusconi perché il Pd si è in qualche modo piegato ai suoi voleri che non prevedevano modifiche all’accordo originario, compresa la rappresentanza di genere, con buona pace delle parlamentari azzurre. E nei precari equilibri interni a Forza Italia è sicuramente Denis Verdini, regista della riforma, il vero vincitore di questo passaggio.
Sbuffa il M5S per una riforma che Grillo bolla come “anticostituzionale”. Ma nei cartelli esposti alla Camera con la scritta “Berlusconi e Renzi condannati all’amore” sta tutto il vantaggio che i 5 Stelle possono trarre da questo asse: condannati (o premiati?) all’opposizione perenne.