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Addio a Tabacci e Boldrin, avanti tutta con liberali e riformatori doc. Parla Pietro Ichino (Scelta Civica)

Vi svelo io come e perché non facciamo più parte dell’alleanza liberal-democratica Alde. Pietro Ichino, giuslavorista di fama e senatore di Scelta Civica, spiega con dovizia di particolari a Formiche.net tutti i motivi che hanno indotto la montiana Scelta Civica a dire addio a Fare di Michele Boldrin e al Centro Democratico di Bruno Tabacci che hanno presentato il simbolo della Lista Alde alle prossime Europee.

Senatore Ichino, mi spiega questo arcano? Un giorno voi di Scelta Civica presentate insieme con altri 12 movimenti, con l’ex premier belga Guy Verhofstadt, la lista Alde con la dizione Scelta Europea, e poi due giorni fa nel simbolo della Lista ci sono solo i loghi di Fare di Boldrin e del Centro Democratico di Tabacci.

La mattina di venerdì scorso, il 14 marzo, il candidato presidente UE di Alde Guy Verhofstadt aveva raggiunto un accordo con Stefania Giannini, segretario nazionale di Scelta Civica, su di una soluzione per il simbolo; e anche un accordo sulle regole per la coalizione. Poi, alla fine del pomeriggio dello stesso giorno, lo stesso Verhofstradt ha dichiarato che quell’accordo non c’era più.

Andiamo con ordine. Quale accordo era stato raggiunto sul simbolo?

Il nome “Scelta Europea”, con il segno grafico di Scelta Civica, il doppio nastro tricolore ascendente, senza altri simboli di partito. Meno di dodici ore dopo, il simbolo proposto da Verhofstadt era tornato a riempirsi di cerchietti contenenti simboli diversi.

Vuol dire che la trattativa è saltata soltanto per il problema del simbolo, come ha scritto su Formiche.net Bruno Guarini in un pezzo di indiscrezioni?

No. Sotto quel problema, diciamo così, grafico, c’era e c’è tuttora, pesante come un macigno, un problema politico: quello che Verhofstadt ha radunato è un insieme di gruppi e movimenti molto eterogenei tra loro. Si va dagli ex-missini come Cristiana Muscardini, che hanno dei problemi di natura nazionalistica ad accettare l’obiettivo degli Stati Uniti d’Europa, a persone che fino a pochi giorni fa intendevano candidarsi con la sinistra estrema nella lista Tsipras, come Sonia Alfano; dal neo-grillismo di Michele Boldrin a persone che sono incerte se candidarsi con l’Alde o con l’Udc. Non può essere così che si costruisce seriamente un robusto polo liberal-democratico nel nostro Paese.

Ma quali sono, o erano, le condizioni che avevate posto?

Le condizioni che Scelta Civica aveva posto, con la mozione approvata dalla sua assemblea nazionale del 5 marzo, miravano innanzitutto a realizzare una ragionevole uniformità di programma politico e quindi di orientamento della campagna elettorale, centrato sui temi della politica europea. Inoltre a garantire candidature che rappresentassero il rinnovamento della politica, non la politica dei decenni passati: la regola proposta era “nessun candidato che abbia già compiuto tre mandati elettorali”. Infine la costituzione di un organo comune di coordinamento, che consentisse il vaglio attento delle candidature e un governo unitario della campagna elettorale.

E quali di queste sono state rifiutate da Verhofstadt?

La condizione che è stata rifiutata esplicitamente è quella del limite dei tre mandati elettorali. Ma sappiamo bene che sono state sostanzialmente rifiutate anche le altre due.

Le segnalo un tweet, che mi sembra non peregrino, sulla vostra posizione… Come risponde?

Finché SC è alleata del PD di Renzi, nella maggioranza di governo, la sua fedeltà a questa alleanza è fuori discussione. Ma essa non implica affatto una rinuncia da parte di SC alla propria identità e alla propria autonomia, anche ovviamente sul piano elettorale. Infatti contiamo presto di presentare il simbolo con cui SC e gli altri movimenti e associazioni dell’area liberal-democratica si presenterà alle elezioni europee.

Ma l’eterogeneità tra i liberisti di Fare e i moderati ex dc del Centro Democratico non era presente fin dall’inizio della presentazione della Lista con l’ex premier belga e candidato dell’alleanza Alde alla presidenza della Commissione europea?

Appunto. Abbiamo cercato di dare a quell’aggregazione un minimo di coerenza politica. Non ci siamo riusciti e ce ne dispiace molto. Ora il tempo delle trattative è necessariamente chiuso.

Mario Monti ha condiviso la vostra decisione?

Solo in parte. Il disegno originario di Mario Monti era quello di un partito che unisse liberali e popolari. Il problema è che in Italia essere “popolari” significa di fatto appartenere a un centrodestra che gravita ancora intorno a Silvio Berlusconi. Se ne è avuta la prova nel famoso pranzo nel quale Mario Mauro, nel novembre scorso promise a Berlusconi il suo appoggio in Senato contro l’applicazione della legge Severino. A seguito di quell’episodio si verificò la rottura tra Monti e la maggior parte dei “popolari” di Scelta Civica, con la conseguente loro uscita dal partito. Da quel momento era inevitabile che si rafforzasse la vocazione di Scelta Civica a rappresentare quell’area liberal-democratica che in Italia è sempre stata sotto-rappresentata in Parlamento. E nel frattempo Mario Monti veniva chiamato a un nuovo incarico a Bruxelles, che ora gli impone di assumere un profilo super partes.

E ora che fate? Presentate una vostra lista alle Europee? E con chi? Con Ali? Con il Pli? Con chi altri?

È dal 3 dicembre scorso che Scelta Civica ha promosso uno stretto coordinamento operativo con altre associazioni, gruppi e movimenti liberal-democratici, tra i quali Ali, Italia Futura, Italia Aperta, Lib-Mov, Gli Outsiders, e alcuni altri; con i quali ha condiviso anche un programma molto preciso, incisivo e impegnativo. A tutti i membri di questo coordinamento, e a ogni altra associazione o movimento che condivida sul serio quel programma, come la Fondazione La Malfa, oggi Scelta Civica apre le proprie liste, proponendo di fare delle elezioni europee la fase iniziale di costituzione di un nuovo e robusto polo politico liberal-democratico in Italia. Nei giorni prossimi si vedrà quanto ampia sarà questa alleanza.


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