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Tutti i tentativi di Erdogan di censurare Twitter

Per il Dipartimento di Stato americano il tentativo del governo turco di censurare Twitter equivale ai roghi di libri portati nel XI secolo. Il paragone è stato fatto da Douglas Frantz, assistente segretario agli Affari pubblici, sul blog ufficiale della diplomazia statunitense.

REAZIONI USA

Parole più dure di quelle della portavoce dello stesso dipartimento, Jen Psaki, che poche ore prima aveva definito la censura dei “cinguettii” contraria alla rappresentazione che la Turchia da di sé come di un modello di democrazia. Washington ha pertanto espresso “seria preoccupazione“.

GIUSTIFICAZIONI TURCHE

L’esecutivo di Ankara, con un’intervista del ministro delle Finanze, Mehmet Simsek, alla Bbc, giustifica invece la decisione di bloccare la piattaforma di microblog, perché la società statunitense non avrebbe rispettato l’ordine della magistratura di rimuovere alcuni contenuti pubblicati, informazioni sul presunto coinvolgimento di alti funzionari.

CHE DICE IL GOVERNO

Il governo cerca di bloccare la diffusione di queste informazioni, in gran parte provenienti da due account anonimi. Si tratta principalmente di registrazioni e intercettazioni, ottenute illegalmente e alcune fabbricate di sana pianta, spiega il governo, come quella tra il premier Recep Tayyp Erdogan e il figlio Bilal, coinvolto nello scandalo di corruzione che nei mesi ha portato all’arresto di diversi personaggi loro vicini. Registrazione che a sua volta tira in ballo direttamente il primo ministro.

LA LEGGE CONTROVERSA

La decisione dell’ente turco delle comunicazioni di bloccare Twitter, in base alla recente e controversa legge che permette di censurare i contenuti che si ritiene violino la privacy, è stata presa giovedì, quando mancava poco più di una settimana alle elezioni amministrative del 30 marzo.

LE ACCUSE

Le accuse rivolte al partito islamico moderato AKP e alla cerchia vicina al premier potrebbero avere contraccolpi sul risultato elettorale. Tale eventualità potrebbe pertanto diventare un ostacolo per le ambizioni di Erdogan, al governo dal 2002, che nel 2015 non potrà correre per un nuovo mandato, ma punta alla poltrona presidenziale, ruolo oggi poco più che rappresentativo, ma cui si vogliono concedere più poteri.

IL MALCONTENTO

Le proteste dello scorso maggio attorno al parco Gezi hanno fatto emergere il malcontento di una parte della società turca contro lo stile politico del premier e contro quella che da parte dei turchi è percepita come una reislamizzazione della Turchia.

LE CRITICHE

Criticato dallo stesso capo di Stato, Abdullah Gul, il blocco di Twitter, che in Turchia vanta circa 10 milioni di utenti, si è rivelato controproducente. Strategie e modi per aggirare la censura, cambiando le impostazioni DNS o usando servizi VPN, hanno spinto il governo di Ankara a un nuovo sforzo, ad esempio con restrizioni all’accesso a Google DNS.

LA LOTTA DI POTERE

Il blocco di Twitter, per citare un attento osservatore dell’Europa orientale e sudorientale come Matteo Tacconi, è però soltanto un granello nella lotta di potere che oppone Erdogan all’intellettuale islamico Fetullah Gulen, a capo di una confraternita considerata una sorta di Stato nello Stato nella Turchia.

IL COMPLOTTISMO

Gulen, un tempo alleato nell’ascesa del AKP, è oggi accusato da Erdogan di essere dietro un tentativo di complotto nei suoi confronti. La confraternita, che vanta una rete di scuole, fatte chiudere dal governo,  e università dalle quali sono usciti parte dei funzionari che oggi sono in magistratura e polizia, è considerata un potere religioso e mediatico, anche grazie al quotidiano Zaman. Un contropotere a quello esercitato dal premier.



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