Dopo il sogno americano, Matteo Renzi si sveglia oggi con le grane tutte italiane, interne al suo Partito Democratico. Sarà incentrata sulla riforma del Senato la direzione del partito questo pomeriggio, ma è sul tema lavoro che gli animi democrat si scaldano di più. Il piano in materia del presidente del Consiglio non piace alla minoranza del Pd che minaccia, se resta così com’è, di non votarlo e in commissione ha i numeri per farlo saltare.
Capofila della protesta è il leader dei Giovani turchi Matteo Orfini che al Job act renziano oppone un “Job pact”, chiedendo correzioni decisive al dl Poletti perché “non c’è niente di nuovo nel precarizzare la vita di milioni di persone”.
Si mette di traverso anche l’ex viceministro dell’Economia Stefano Fassina che vuole contratti a termine non di tre ma di due anni e con massimo di tre, non otto, proroghe ammesse. Altrimenti “la decisione passerà al Parlamento”, dice a Repubblica.
Fa parte della fronda degli scontenti Gianni Cuperlo che esprime riserve sulla scarsa collegialità del nuovo corso di Lago del Nazareno: “Io sostengo il governo e sono convinto che dalla sua riuscita dipenda la tenuta del Paese. Ma non si può pensare che chiunque esprima una critica viva nella palude”.
A ciò si aggiunge la strada in salita della legge elettorale al Senato e la questione segreteria. Perché l’idea di affidare al tandem renziano Lorenzo Guerini-Debora Serracchiani la guida del partito è un altro capitolo di forti frizioni con la minoranza dem.
La luna di miele a Largo del Nazareno insomma sembra già finita. Malumori e subbugli interni, magari in asse con l’opposizione dei sindacati (a partire dalla Cgil), rischiano di essere il maggiore ostacolo all’ambizioso piano del premier rottamatore. Con il paradosso che è stato proprio il Pd a inneggiare compatto, in una sconvolgente direzione in diretta tv, il contemporaneo defenestramento di Enrico Letta a Palazzo Chigi e l’arrivo irrinunciabile della novità rappresentata da Renzi. Che, si sa, non è mai stato famoso per la sua collegialità ma al contrario lo è sempre stato per le sue idee liberiste in tema di lavoro… E allora, verrebbe da dire, cara minoranza Pd, avete voluto salire sulla bici di Renzi, ora non pedalate contro…