Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo il cameo di Riccardo Ruggeri apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.
Caro ingegner Moretti,
pensi i casi della vita, oggi le scrivo una lettera aperta come editorialista di Italia Oggi, mentre circa 18 anni fa avrei potuto essere il suo Amministratore Delegato. Il Ministro del Tesoro dell’epoca, Carlo Azeglio Ciampi, da poco nominato, mi offrì la carica di AD delle Ferrovie. Mi riservai un paio di giorni di riflessioni, poi rinunciai: da un lato non accettavo di avere come azionista la «Politica», dall’altro mi ero stufato di fare il manager e volevo iniziare la carriera di imprenditore. In quei giorni, mi studiai i curricula della «prima linea» delle Ferrovie, fui molto colpito dal suo: se il mio archivio non tradisce, lei allora era Direttore dell’area strategica «Materiale Rotabile e Trazione», dopo un’impeccabile percorso interno iniziato con un concorso pubblico di assunzione, e non certo con le sconce cooptazioni «master-società consulenza-head hunter-media-politica».
Era il curriculum che privilegiavo nei miei collaboratori: la profonda conoscenza del prodotto-mercato e dei processi aziendali. Valutai positivamente la sua appartenenza al sindacato, specie quello vero, quello che opera sul «pezzo», perché nulla c’è di meglio per capire come funzionano le aziende, e quanto valgano le gerarchie manageriali, che non «leggendole», nella fase iniziale della carriera, dall’ottica delle maestranze.
Da allora, per pura curiosità di studioso di comportamenti organizzativi del management e delle élite, ho continuato a seguirla, osservando che il carattere fumantino di cui mi avevano parlato allora, non l’aveva abbandonato, e il modo con cui ha risposto al premier lo ha evidenziato. Per quello che vale, ho condiviso la sua decisione di lasciare agli Enti locali la responsabilità della politica prezzi dei «pendolari» in funzione del livello di servizio che vogliono. Purtroppo, il messaggio all’opinione pubblica non è «passato», danno la colpa a lei delle loro inefficienze. Così come ho apprezzato l’eccellente lavoro di ristrutturazione e di riposizionamento strategico delle Ferrovie da lei fatto, e come si è comportato dopo l’ingresso dei «privati» di Italo del mio vecchio collega Giuseppe Sciarrone (uno che di treni se ne intendeva, inopinatamente uscito di scena lo scorso anno). Si sarà accorto che la concorrenza ci fa crescere, oggi grazie a Italo lei ha una dimensione professionale e internazionale, che mai avrebbe acquisito senza la competizione.
Essendo un vecchio signore innamorato di questo Paese vorrei che lei facesse quello che ha detto: continuare a fare l’AD delle Ferrovie, visto che lo fa così bene, però rinunciando al compenso. Essendo del mestiere so che lei vale molto più di 850.000 lordi all’anno, e che, come dice lei, un eccellente CFO per le Ferrovie vale almeno il 30% in più del compenso del Presidente della Repubblica, messo come limite idiota da inetti (non si paragonano grandezze non paragonabili). Caro ingegner Moretti, abbia pazienza, abbiamo a che fare con individui che confondono lo stipendio degli alti burocrati (tutti eccessivi per definizione, quelli sì dovrebbero essere parametrati su quelli degli uscieri, col metodo del «10» di Adriano Olivetti) con quello dell’Amministratore Delegato delle Ferrovie o dell’Eni, di cui sono, indegnamente, azionisti. La colpa è di noi cittadini, sono dilettanti dal curriculum inesistente che con un voto abbiamo buttato allo sbaraglio, assegnando loro compiti sproporzionati rispetto al loro valore. Fin che stanno sul palco o in tv a parlare sembrano dei geni, appena scendono in strada appaiono per quello che sono, ometti.
E poi, glielo confesso, avendo vissuto, come utente, la privatizzazione delle Ferrovie inglesi sono curioso di vedere come va a finire fra lei e i «privati» di Italo. Nello stesso tempo, vorrei vedere come reagiscono i boiardi della politica e i boiardi privati della mitica società civile alla decisione spiazzante di un boiardo pubblico come lei, che decide di lavorare a compenso zero. Ripeto, lei vale più di 850.000 , per questo la sua rinuncia al compenso assume una dimensione unica. E poi, se lo fa, cessa di essere un boiardo, diventa un servitore dello Stato. Caro ingegnere, come la invidio, come vorrei essere al suo posto.