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Occhio Renzi a non sparare troppo in alto. I consigli di Guglielmi (Mediobanca Securities)

La strada intrapresa da Matteo Renzi è quella giusta, ma molto del suo successo dipenderà dalla capacita di Palazzo Chigi di negoziare con Bruxelles un alleggerimento dell’austerity.

È quanto sottolineato da un report di Mediobanca Securities, guidata da Antonio Guglielmi.

I PROBLEMI DA AFFRONTARE
Il gruppo di analisti londinesi di Piazzetta Cuccia considera positive le riforme economiche proposte dal presidente del Consiglio, ma forse troppo ambiziose, almeno nel 2014, a causa della scarsa copertura finanziaria. In particolare – spiega Mediobanca Securities (MBS) – sarà difficile far rientrare nei numeri l’annunciato taglio dell’Irpef a maggio, che dovrebbe portare nelle buste paga di una larga platea di lavoratori dipendenti una media di 80 euro. Una misura fondamentale per la riuscita della Renzinomics, basata inizialmente soprattutto su una robusta riduzione delle tasse per rilanciare la domanda interna.

COME FINANZIARE LE MISURE
Ma oltre all’Irpef, il piano economico del premier vorrebbe affrontare anche il problema della competitività delle imprese, principalmente attraverso tre misure: una sforbiciata del 10% dell’Irap per le aziende, volta alla riduzione del cuneo fiscale; circa il 10% di riduzione dei costi dell’energia per le Pmi; e la riforma del mercato del lavoro. A queste va affiancata un’altra misura cardine dello stimolo della crescita, l’annunciato saldo dei debiti della PA alle imprese (da coprire con la garanzia statale e il ruolo di Cdp). Obiettivi ambiziosi che necessitano di risorse certe. Per MBS, le principali cartucce che Renzi proverà a sparare per trovare tutto il denaro necessario saranno in primo luogo l’attuazione della spending review del super-commissario Carlo Cottarelli, ma anche un accordo con la Svizzera sui capitali evasi illegalmente e maggiore tassazione sulle attività finanziarie.

DENARO INSUFFICIENTE?
Tutto ciò – rileva il gruppo di analisti guidati da Guglielmi – potrebbe comunque non bastare. I numeri snocciolati da MBS dicono che nel 2014 – muovendosi nella cornice degli accordi comunitari del rispetto del 3% nel rapporto deficit/Pil – all’appello mancheranno 2 miliardi di euro (8 i miliardi previsti in entrata, a fronte dei 10 di spesa promessi). Lo scenario cambierebbe invece nel 2015, quando le somme rivenienti dovrebbero superare di circa di 2,5 miliardi gli impegni del governo. Questo, secondo Mediobanca Securities, suggerisce che gli investitori dovrebbero essere costruttivi e fiduciosi nel medio termine ma a patto che Renzi sappia vincere la partita in Europa. Infatti per far quadrare i numeri 2015 è necessario per il governo incassare tre risorse tutte da negoziare con l’Europa: 2,4 miliardi dalla riduzione dello spread, 6 miliardi dal 3% di deficit e 6 miliardi di Iva dai crediti della pubblica amministrazione da portare in factoring alle banche previa garanzia statale e intervento della CDP. Quest’ultimo punto è tutto da verificare dicono gli analisti di MBS perché potrebbe portare a maggiore debito pubblico. I primi due invece sono in contrasto con i requisiti europei del Fiscal Compact e con il pareggio di bilancio previsto in Costituzione. In assenza di queste concessioni, la Renzinomics potrebbe essere a corto di fiato tra 7 e 13 miliardi nel 2015. Inoltre parte delle risorse della spending review dovranno essere destinate proprio alla riduzione del deficit e non a finanziare tagli di tasse.

LA MANO TESA DELL’EUROPA
Proprio per questo, si evince dal report, solo Bruxelles può dare una mano immediata al presidente del Consiglio, consentendogli di rispettare quanto detto e dare così l’accelerata che serve alla politica italiana. Se Renzi tiene alle elezioni europee, spiega MBS, e se l’Europa si spaventa a sufficienza del montare della protesta anti euro (testimoniata anche dal risultato delle recenti elezioni locali francesi) allora il premier e segretario del Pd potrebbe avere il coltello dalla parte del manico per avanzare pretese sul fronte di un possibile sforamento del deficit, del pareggio di bilancio e del Fiscal Compact.


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