È un giorno di “grande gioia” per Lella Golfo, presidente della Fondazione Bellisario, da sempre in prima linea nel sostenere i diritti e la carriera delle donne. Ora che quattro di esse sono state designate alla presidenza di quattro società partecipate dal Tesoro, l’ex parlamentare del Pdl non esita a definirla una “rivoluzione culturale”.
Presidente, si può davvero parlare di rivoluzione con queste nomine?
Sì, finalmente le donne entrano dove si produce, dove si decide, dove si fa davvero economia. E’ una cosa meravigliosa. Se non ci fosse stata la legge 120 del 2011 (che obbliga società quotate e pubbliche a riservare una quota iniziale del 20% dei posti nei cda alle donne per salire poi al 33% col rinnovo successivo, ndr), oggi non saremmo arrivati a questa svolta. Renzi però è andato oltre: doveva attenersi alla presenza femminile ma nella norma non viene specificato in quali ruoli. Lui ha scelto quattro donne, Emma Marcegaglia, Luisa Todini, Patrizia Grieco e Catia Bastioli come presidenti rispettivamente di Eni, Enel, Poste e Terna. E di questo bisogna dargli merito.
C’è chi la legge come mossa elettorale…
Non mi importa se questa decisione è frutto di una strategia elettorale o meno. Renzi ha fatto ciò che molti prima di lui non hanno fatto. Si è presentato come un innovatore e ha capito che con le donne si può innovare.
Perché non innovare anche tra gli amministratori delegati?
A chi considera le presidenze come poltrone di serie B rispondo che sono ruoli importantissimi. Vi sembra poco dover garantire la trasparenza di un’azienda? E poi ricordiamoci i dati. Fino a ieri, di 25 società pubbliche, solo tre erano presiedute da donne. Oggi la prospettiva cambia, è un piccolo grande capolavoro.
Ma per le donne l’unica strada per affermarsi è quella delle quote rosa?
La legge dura nove anni e serve per rompere questo tetto di cristallo. Una volta rotto, io credo che la mentalità cambierà. Ricordo lo smarrimento iniziale quando è stata varata la legge, oggi si è creato un circolo virtuoso di dialettica che prima non c’era.
Quali sono, se ci si sono, i punti forti di una donna al comando?
A differenza degli uomini, noi donne siamo abituate a lavorare su più fronti, non rischiamo, siamo più oculate e ci prepariamo di più.
Qual è stato il ruolo della Fondazione Bellisario in questo percorso?
È una nostra vittoria, abbiamo avuto un ruolo fondamentale. Io sono entrata in Parlamento proprio con l’idea di lavorare con le donne per le donne. Mi è costato molto perché oggi non sono più a Montecitorio, ma ho dimostrato che in cinque anni si può portare a casa una legge di iniziativa parlamentare. E oggi è il nostro giorno.