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Irpef e dintorni, la bussola rischiosa di Renzi

Oggi il Consiglio dei ministri approva le misure economiche e fiscali delineate nel Def, il Documento di economia e finanza. Lo sgravio Irpef per i redditi inferiori ai 1500 euro al mese sarà inferiore agli 80 euro sbandierati in precedenza. Ma l’effetto mediatico con tutta probabilità resterà. Resta da vedere se ci sarà anche quello psico-economico e soprattutto quello legato alla crescita, visto che occorre considerare anche gli effetti depressivi dei tagli alla spesa pubblica.

Il bailamme di queste ore, con l’affannarsi a trovare coperture finanziarie ai provvedimenti, non segna un particolare cambio di passo rispetto al passato, nonostante la narrazione renziana. Sarebbe stato davvero innovativo, infatti, un metodo che sfruttasse la cosiddetta luna di miele della prima fase del governo Renzi per mettere mano a interventi legislativi strutturali in materia di pubblica amministrazione, fisco e liberalizzazioni, più che affaticarsi a trovare coperture per bonus Irpef dal sapore elettoralistico.

D’altronde, come rivelato dallo stesso premier in una recente intervista al Sole 24 Ore, la preoccupazione di Renzi è tutta legata a un buon risultato del Pd alle imminente elezioni europee. E Pd vuol dire Renzi, non Cuperlo. Da qui gli sgravi fiscali ai redditi bassi, magari un bonus agli incapienti, un taglietto del 10 per cento all’Irap. In questa strategia tutta partitica e personalistica rientrano anche le recenti nomine nelle società a partecipazione del Tesoro. Uno degli obiettivi veri della rottamazione del governo Letta, visti i vertici delle stesse aziende che erano in scadenza, aveva rimarcato da tempo Formiche.net.

Si spera solo che in questo agire manovriero e frenetico ci sia davvero un disegno di strategia politica e industriale. Ma il delinearsi di una sorta di tripla maggioranza variabile che regge il governo non induce a troppi ottimismi: un patto con Forza Italia sulle riforme istituzionali, un accordo con il Nuovo Centrodestra, con l’Udc e quello che resta di Scelta Civica sul governo, e intese contingenti con i vendoliani di Sel e grillini in pena al Senato su qualche provvedimento parlamentare (come le modifiche ieri apportate al decreto Poletti che hanno fatto inviperire Ncd) non è segno di chiarezza, ma di un renzismo esasperato.


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