Abbasso i vincoli, ma non troppo. Abbattiamo gli obblighi, ma non quelli che ci favoriscono. Evviva il liberismo, ma solo a parole se ci crea un danno. Eh sì, è proprio vero: è la stampa, bellezza!
O meglio, è la bellezza della stampa… Tanto prodiga di consigli e ammonimenti su teorie e pratiche liberali, tanto restia ad accettare se quelle pratiche che intaccano i tanto vituperati lacci e lacciuoli sono poi trasfuse in decreti.
Il caso dell’obbligo per le pubbliche amministrazioni di pubblicare sui quotidiani di carta bandi di gara e di concorsi – obbligo cassato dal governo Renzi con l’ultimo decreto approvato – ha avuto una eco a scoppio ritardato. In verità la sera stessa dell’annuncio del provvedimento da parte del premier Matteo Renzi – che ha incluso la misura nel decreto Irpef illustrato la scorsa settimana in conferenza stampa – soltanto l’editore del gruppo Class, Paolo Panerai, con un tweet ha prima bollato come “antistorico” e lesivo della trasparenza l’abolizione dell’obbligo e poi ha invitato il premier: “Ripensaci”.
Poi, il silenzio. A parte un botta e risposta tra il direttore della Gazzetta del Mezzogiorno, Giuseppe De Tomaso, e il sottosegretario alla presidenza, Luca Lotti. Il primo a lamentarsi del provvedimento (solo l’1 per cento degli interessati ai bandi legge Internet, colpite l’editoria indipendente ma non toccate i sussidi ai giornali di partito e “fogli semiclandesti”), il secondo a difenderlo (la pubblicità di gare e concorsi è garantita dalla Gazzetta Ufficiale e “norme anacronistiche rappresentano una forma indiretta di sostegno all’editoria”).
Ma oggi a illuminare la misura – per folgorarla – è il Sole 24 Ore. Il quotidiano di Confindustria fa le bucce al provvedimento. Innanzitutto i risparmi per la pubblica amministrazione non sarebbero 100 milioni, come detto dal premier Renzi, bensì 75 milioni: 27 milioni di quei 75 riguardano la pubblicazione dei bandi sulla Gazzetta Ufficiale e solo 48 milioni riguardano la pubblicazione sui quotidiani. Non finisce qui, si legge sul Sole: “Una norma del decreto Sviluppo bis del governo Monti ha già previsto che per le gare avviate dopo il primo gennaio 2013 tutti gli oneri per la pubblicazione dei bandi e gli avvisi relativi all’aggiudicazione siano rimborsati alla stazione appaltante dall’aggiudicatario”.
La relazione tecnica del provvedimento, nota il quotidiano economico, spiega che il risparmio è previsto perché solo il 60% delle Pa si fa rimborsare gli oneri per la pubblicazione dei bandi; su questo rimanente 40% si stimano i 48 milioni di minori spese.
Ecco la morale della vicenda secondo il quotidiano di proprietà della confederazione degli industriali: “Forse il danno per gli editori sarà di 120 milioni (la stima è citata dalla relazione tecnica de attribuita a Fieg) ma il risparmio per la Pa sarà di gran lunga inferiore e tenderà a zero, via via che la norma del governo Monti andrà a regime”.
Sta di fatto che quei milioni – che siano pagati dalle pubbliche amministrazioni o dalle aziende vincitrici delle gare – saranno risparmiati. Eppure il Sole si chiede: “L’operazione è davvero così valida come dice il presidente del Consiglio?”.
Come dire: ma è proprio giusto togliere un po’ di quei tanto vituperati (a parole) lacci e laccioli?