Pubblichiamo grazie all’autorizzazione di Class Editori un articolo di Tino Oldani uscito sul quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi.
Per capire cosa potrebbe cambiare dopo l’approvazione del nuovo trattato commerciale Usa-Ue denominato Ttip (Transatlantic Trade and Investment Partnership), di cui ho scritto ieri, lo scandalo del pollo transgenico in Germania cade a fagiolo.
LA LETTERA DI MCDONALD’S
Il colosso americano McDonald’s, con una lettera alla sezione tedesca di Greenpeace, ha ammesso di avere ripreso nei fast-food della Germania l’uso della carne di pollo allevato con cibi transgenici, meno costoso ma considerato veleno dagli ambientalisti. In questo modo, il colosso Usa del fast-food si è rimangiato un impegno che aveva preso tredici anni fa. Del caso dovrà ora occuparsi il governo tedesco, che dovrà decidere in base alle leggi nazionali, integrate eventualmente con i regolamenti di Bruxelles. Dunque, una disputa in cui saranno rispettate la sovranità tedesca e quella europea nel tutelare la salute dei consumatori.
LIBERTÀ DI MERCATO TOTALE
Poiché il principio fondante del nuovo trattato è la libertà di mercato nel senso più ampio, con una tutela esplicita degli investitori e della proprietà privata, in caso di controversia è previsto che le società multinazionali possano appellarsi all’Organismo di risoluzione per rivalersi sui governi che, a loro giudizio, siano colpevoli di ostacolare il raggiungimento del profitto.
LE DENUNCE DELLE ASSOCIAZIONI
Circa 60 associazioni europee, politicamente trasversali, si sono coalizzate per denunciare le maggiori storture del Ttip, accusando governi e partiti di colpevole negligenza rispetto alle ricadute del nuovo trattato Usa-Ue, considerate per lo più negative. Una polemica destinata a salire di tono visto che il trattato Usa-Ue potrebbe essere pronto per la ratifica in coincidenza con il semestre italiano di presidenza europea.
I fautori del Ttip sostengono che l’abolizione delle barriere tra Usa e Ue, tariffarie e non, porterebbe a un unico grande libero mercato con 800 milioni di consumatori, e vantaggi notevoli: milioni di nuovi posti di lavoro, più una crescita del pil – proiettata al 2027 – tra i 68 e i 199 miliardi di euro per l’Ue e tra i 50 e i 95 per gli Usa.
L’AUMENTO DI RICCHEZZA VISTO DA LONDRA
Uno studio del Centre for Economic Policy Research di Londra per conto della Commissione Ue ha stimato che i 199 miliardi di maggiore pil europeo significherebbero una maggiore ricchezza di 545 euro a famiglia: un «regalo» del Ttip, con il quale l’Europa si lascerebbe la crisi alle spalle. Meno trionfalistico un altro studio, compiuto da Prometeia su incarico del governo di Enrico Letta (che sui temi internazionali era più attento di Matteo Renzi): pur giudicando in modo positivo il Ttip, ha calcolato che il vantaggio sarebbe di una crescita del pil europeo pari a zero in caso di liberalizzazioni limitate, mentre sarebbe dello 0,5 per cento a seguito di liberalizzazioni totali, scenario giudicato «ottimistico, ma improbabile».
L’OPPOSIZIONE DELL’ANALISI AUSTRIACA
Di parere opposto, per lo più negative, le previsioni di un centro di ricerche austriaco (Ofse). L’abolizione delle barriere tariffarie farebbe perdere al budget europeo 2,6 miliardi l’anno, somma non trascurabile in un periodo di crisi come l’attuale. L’occupazione non aumenterebbe affatto, mentre la disoccupazione resterebbe stabile, a seguito della profonda riorganizzazione dei mercati. A beneficiare dei maggiori scambi commerciali sarebbero soprattutto le multinazionali, a scapito delle piccole e medie imprese. Nel caso dell’Italia, delle 210 mila imprese che esportano, le prime dieci detengono il 72 per cento dell’export totale, e dunque beneficerebbero maggiormente del trattato. Inevitabile l’invasione di prodotti made in Usa. In definitiva, l’Ofse prevede «pochi benefici economici, ma molti rischi e costi potenziali».
I COSTI DEL TTIP
Ma quali costi? Ecco qualche esempio, tra quelli indicati dai movimenti anti-Ttip. Le norme europee su pesticidi, Ogm, carne agli ormoni e sulla qualità degli alimenti sono più restrittive di quelle Usa, ma potrebbero essere impugnate di fronte a un arbitrato privato e condannate come «barriere commerciali illegali». Idem per le legislazioni europee sul lavoro, più rigide che negli Usa: basterebbe un arbitrato per aprire la strada alla deregulation più ampia, anche salariale, cancellando decenni di conquiste sindacali.
FRACKING
Energia: gli Stati che dovessero vietare il fracking per estrarre il gas, come ha fatto la Francia, potrebbero essere citati in giudizio per avere ostacolato la libera impresa e condannati per danni. Idem per quegli Stati o per gli enti locali che dovessero privilegiare il settore pubblico per servizi quali i trasporti, l’acqua, l’educazione, la sanità e la previdenza.