Tanto tuonò, che piovve. Nei corridoi di viale dell’Astronomia, sede di Confindustria, si vociferava da tempo che tra il presidente Giorgio Squinzi e il vice con delega allo Sviluppo, Aurelio Regina, la sintonia era ai minimi termini. Eppure pochi pensavano che si potesse arrivare davvero a una rottura, come qualche esponente lombardo garantiva, non si sa se prevedendo o auspicando i tuoni. Sta di fatto che la rottura definitiva è avvenuta e Regina non è più vicepresidente (“Squinzi non ha mai riconosciuto di fatto un ruolo di numero due a Regina, che sembrava quasi nelle cose”, ha notato oggi Antonio Satta sul quotidiano Mf).
DISSAPORI CARATTERIALI
Diretto, fin troppo franco. Così viene descritto Giorgio Squinzi da chi non giudica in maniera troppo positiva il suo fare tra il decisionista e l’abborracciato ai vertici di Confindustria. Più diplomatico, cauto e pragmatico, invece, Aurelio Regina. Due caratteri inconciliabili? Eppure Regina è stato uno dei sostenitori di Squinzi per la successione a Emma Marcegaglia, contribuendo a pilotare i voti in particolare del Lazio e di Roma su Squinzi e non su Alberto Bombassei, che con il sostegno anche di Luca Cordero di Montezemolo sfidava Squinzi.
(REGINA PRESENTA IL LIBRO DI GIANFELICE ROCCA. PIZZI C’ERA…)
IL BATTIBECCO SIGNIFICATIVO
Come molti diplomatici, anche Regina quando bisogna giocare duro non si esime. Così non troppi si sono meravigliati quando, prima di Pasqua, nel corso del comitato di presidenza della confederazione, Regina avrebbe apertamente contestato la gestione solitaria di Squinzi, sostenendo che anche in Assolombarda serpeggiavano critiche verso la presidenza nazionale. Una sortita che ha fatto infuriare gli squinziani che hanno fatto blocco con i lombardi.
(SQUINZI VISTO DA UMBERTO PIZZI. TUTTE LE FOTO)
IL SOLE HA BRUCIACCHIATO I RAPPORTI
Uno dei fattori che con tutta probabilità ha incancrenito i rapporti fra Squinzi e Regina è stato il quotidiano il Sole 24 Ore. Squinzi ha deciso in solitudine l’avvicendamento alla presidenza della casa editrice del Sole 24 Ore tra Giancarlo Cerutti e Benito Benedini. E Regina – ha ricordato oggi il quotidiano Mf, concorrente del Sole – proprio in quell’occasione uscì dal consiglio di amministrazione. Evidentemente non condividendo del tutto la scelta, o magari avendo auspicato un’altra soluzione.
USCITE ESTEMPORANEE?
Le dichiarazioni ficcanti e a volte veementi di Squinzi contro i governi in carica, se hanno galvanizzato una parte della base più insofferente verso i Palazzi, non hanno agevolato il compito di chi, proprio come Regina, doveva per ruolo dialogare e trattare con i Palazzi romani, a cavallo tra presidenza del Consiglio, ministeri e Parlamento. Così molti confindustriali ricordano sia l’ultimatum squinziano “o si cambia passo o si vota”, rivolto all’esecutivo retto da Enrico Letta, sia le critiche ad annunci e provvedimenti del governo Renzi come il Jobs Act (“solo un elenco dei titoli”) o come il decreto Iperf (“meglio un posto di lavoro che qualche euro in più in busta paga”, secondo Squinzi). Sortite che hanno indotto peraltro di recente esponenti confindustriali come Gianfelice Rocca, in una intervista al Corriere della Sera, a smussare i toni anti renziani di Squinzi. L’uscita di Rocca è stata interpretata come un primo passo pubblico di una candidatura in pectore da parte di Rocca alla presidenza di viale dell’Astronomia al termine del mandato di Squinzi. Si vedrà. (QUI UNA GALLERY CONFINDUSTRIALE DI PIZZI…)
I LAVORII SOTTERRANEI
Dal versante squinziano si sottolinea come i risultati in termini di provvedimenti legislativi e governativi pro imprese non sono stati troppi in questi ultimi tempi, una sottolineatura in chiave anti Regina: l’Irap ha ricevuto solo un taglietto, altre imposte sono spuntate a sorpresa nel decreto Irpef, si mormora. Dal lato reginiano (l’ex vicepresidente aveva la delega allo Sviluppo e all’energia) si sottolinea invece la vittoria della riduzione del 10% della bolletta energetica per le piccole e medie imprese; un provvedimento ancora non del tutto ben apprezzato dalle imprese. Mentre i vertici sono stati un po’ mosci rispetto alle istituzioni e al governo su vicende come l’Ilva e su sentenze stile Vado Ligure.
(TUTTI I CONFINDUSTRIALI ALLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI ROCCA)
EQUILIBRI IN FASE DI CAMBIAMENTO
E ora che succede? Uno scenario lo delinea oggi Paolo Baroni del quotidiano La Stampa: “Diverse associazioni di categoria e territoriali avrebbero lamentato la mancata consultazione su decisioni così importanti e lo squilibrio di pesi tra realtà territoriali a favore di Milano”. E tra Torino e Milano c’è già chi gongola: le ambizioni nazionali dei romani sono state archiviate, si bofonchia. Insomma, al giro di boa del biennio Squinzi, si guarda già oltre Squinzi per ridare smalto a una Confindustria snobbata, se non proprio irrisa, come le altre organizzazioni dei lavoratori, da Palazzo Chigi.
(I CRITICI DELL’EURO SI AFFACCIANO IN CASA DI CONFINDUSTRIA…)