C’è una responsabilità oggettiva, ma anche una responsabilità politica. E l’amministrazione comunale milanese su Expo ha avuto un atteggiamento atarassico, oscillando tra il menefreghismo e lo snobismo. Infatti la giunta capitanata dal sindaco Giuliano Pisapia ha demandato di fatto, in tutto e per tutto, all’ad Giuseppe Sala, commissario straordinario, commissario generale, commissario unico.
Al sindaco Pisapia, evidentemente, bastava (e basta) solo non dover firmare carte. Così una volta fuori da Palazzo Marino può tornare beato a fare il Principe del Foro meneghino. Per questo oggi tutti (ieri il sindaco stesso su Repubblica, oggi Ada Lucia De Cesaris, vicesindaco, sul Corriere Milano, da domani saranno a turno gli altri membri della giunta) a dire che il Comune non c’entra e che non compare nelle intercettazioni o nelle inchieste.
Bene, bravi, applausi. Dunque il Comune non esiste, nemmeno per vigilare? Eppure Pisapia si è candidato alla guida di una Milano che l’Expo l’aveva già vinta e che ben sapeva che da sindaco avrebbe anche assunto il ruolo di Commissario straordinario (secondo il dpcm di nomina). Quando poi si è accorto di tutto questo, si è ben guardato dall’assumersi una qual si voglia responsabilità sul caso, lasciando tutto in mano all’ex city manager della Moratti (perché Sala era lì da prima dell’arrivo di Pisapia).
Furbo, il sindaco. Così, in caso di insuccesso, può dire che lui non c’entrava; e in caso di trionfo, raccogliere l’acclamazione del pubblico.
Il punto è che esiste una responsabilità politica, ma sembra che nessuno riesca a ricordarlo a Pisapia, perché si tratta della responsabilità di dover prendere decisioni, proprio sulle questioni più delicate.
Oggi Milano è abbandonata all’immobilismo del non decidere nulla. L’altro esempio recente è quello della Scala, sul caso Pereira: quando si decide? “Ancora una settimana, per favore, dobbiamo studiare il caso”, e intanto la stagione del teatro più importante d’Italia resta ferma.
Il principe del Foro dorme.