Un cambio di paradigma, non solo politico ma prima ancora sociale. Credo che, nonostante tutto, la portata delle trasformazioni politiche in atto non sia stata del tutto compresa. Non che siano già pronte le risposte, ma almeno bisogna cominciare a farsi le domande giuste. E a chiarire alcuni aspetti che costituiscono i punti fermi di un paradigma del tutto nuovo.
Nella scienza il paradigma è il contesto generale universalmente accettato all’interno del quale si parametra la conoscenza. Per lungo tempo anche le innovazioni e le scoperte si muovono all’interno di quel paradigma. Poi più o meno all’improvviso questo paradigma cambia, e tutto va ripensato alla luce dei nuovi criteri. Esempio classico la rivoluzione copernicana. Ho la sensazione che siamo di fronte a un cambio di paradigma socio-politico, che era in gestazione di molto tempo ma non trovava il modo di essere partorito. Le elezioni europee di domenica scorsa hanno rappresentato il sintomo visibile di questa discontinuità.
Attenzione, non sono esse il nuovo mondo, quei risultati possono cambiare di molto e molte volte. Ma hanno reso plasticamente e simbolicamente visibile, in Italia e in Europa, questa radicale trasformazione in atto. Un po’ come la Presa della Bastiglia: ad essere onesti, è del tutto ininfluente dentro la storia della Rivoluzione Francese, non è stato l’evento che l’ha davvero originata, non ha avuto veri effetti concreti, secondo il diario di Luigi XVI il 14 luglio del 1789 non era successo nulla che valesse la pena di essere annotato. Eppure quel giorno è una data simbolo.
Ecco, la trasformazione del sistema socio-politico europeo ha radici profonde e lontane, e avrà bisogno di tempo per manifestarsi, anche attraverso strappi, passi indietro, scossoni vari. Ma forse bisogna interrogarsi di più su quali siano le trasformazioni in atto. Renzi, Grillo, Tsipras, le destre, gli euroscettici, sono tutte manifestazioni di un diverso modo di ragionare degli elettori rispetto a quanto accadeva poco tempo fa. Forse è il momento di smetterla di interrogarsi su come cambi il quadro politico, l’offerta politica: bisogna ragionare più attentamente su come cambia il quadro sociale, la domanda politica.
Ragionare in termini di destra e sinistra, di bipolarismo politico, di temi programmatici tradizionali, risulta stantio. Ma attenzione, sono invecchiate di colpo e forse sono state superate anche molte altre parole d’ordine degli ultimissimi tempi: nuovo, rottamazione, vaffanculismo, persino e soprattutto società civile. Stanno nascendo criteri del tutto nuovi, o forse stanno tornando rinnovati criteri antichi, ma certamente nulla che abbia a che fare con lo standard politico recente. E si è affermato chi ha mostrato di rappresentare – più o meno consapevolmente – questa innovazione radicale, in Italia come in Europa.
In prossimi post mi piacerà riflettere nello specifico sui temi accennati in questa introduzione, uno alla volta, per provare a farmi delle domande, forse provocatorie, ma spero utili. Che senso ha parlare di popolari e socialisti? C’è spazio per centrodestra e centrosinistra? Che futuro hanno i movimenti di opposizione radicale? Ma soprattutto, alla base di tutto questo, quali sono le richieste dei cittadini alle rappresentanze politiche? In base a quali criteri l’elettore sceglie da chi essere rappresentato? Non contano i maquillages delle offerte politiche, la vera rivoluzione è avvenuta nella domanda politica. È questa che va compresa per capire la ristrutturazione del sistema, il nuovo paradigma.