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Popolari e socialisti, un bipolarismo che regge?

Seconda riflessione di Osvaldo Baldacci nell’ambito di una serie di approfondimenti post elettorali. Il primo post di Baldacci si può leggere qui

Mentre infuriano i complessi meccanismi per formare la Commissione europea (dove bisogna bilanciare la rappresentanza politica, quella geografica e quella maschile-femminile) sarebbe forse il caso di riflettere più a fondo sul risultato delle elezioni europee. La semplificazione “paura per l’avanzata degli euroscettici-sollievo per il contenimento politico degli euroscettici” non può essere considerata soddisfacente.

Apparentemente è stata ed è in corso una sfida tra popolari e socialisti, prima per avere la maggioranza degli europarlamentari, poi di conseguenza per l’assegnazione dei posti strategici. Hanno vinto i popolari, quindi hanno più titolo a dire la loro. Fin qui la lettura ufficiale. Ma è tutto qui? Mi sembra si debba andare ben oltre, con una lettura che conferma che è in atto un cambio di paradigma socio-politico, una rivoluzione.

Partiamo dai numeri. I popolari hanno “vinto” con 212 seggi, e forse non va considerato trascurabile che all’interno sono computati i 13 di Forza Italia e i 12 del premier ungherese Orban, spesso criticato dai leader europei. Nel precedente parlamento i seggi popolari erano 274, peraltro su un totale di eurodeputati leggermente inferiore. Il Ppe ha quindi perso voti, conquistando circa un quarto dei seggi. Il Pse si è fermato a 189, arretrando anch’esso rispetto ai 195 del passato quinquennio. Insieme, i due principali partiti, che teoricamente dovrebbero essere due sfidanti e due leader di un presunto bipolarismo, raggiungono a stento la maggioranza dell’Europarlamento. E nessuno dei due ha vinto in molti Paesi europei.

Forse questo dovrebbe far vedere sotto una luce diversa l’avanzata dei cosiddetti euroscettici, e anche la tenuta di realtà politiche non bipolari, spesso a più forte connotazione ideologica, che siano di destra o di sinistra, vecchie o nuove. Il fatto che il coacervo di forze che rappresenta la metà del parlamento risulti incoalizzabile non dovrebbe bastare per evitare di farsi qualche domanda. Il vecchio sistema politico esiste ancora o si limita a sopravvivere? O di fatto è già mutato in qualcos’altro? Cosa spinge gli elettori europei a votare al di fuori degli schemi politici consolidati?

Credo che la questione meriti di essere affrontata. Forse la risposta è semplice, e qualcuno in qualche modo la sostiene: la crisi economica ha alimentato insoddisfazione verso l’Europa e questa si è manifestata in un voto di protesta. Questa lettura sottintende che il fenomeno sia probabilmente passeggero, e che a crisi risolta tutto tornerà come prima. Possibile, ma se ci fosse di più? La crisi certamente c’entra, ma se le trasformazioni fossero più radicali e irreversibili?

Butto lì giusto qualche elemento di riflessione. Oggi c’è più differenza politica tra i partiti o tra i Paesi? Ci sono più non allineati pronti a soccorrere la linea della presunta maggioranza in virtù di valori istituzionali o più popolari e socialisti critici verso l’Europa e la Germania e bisognosi di farsi sentire in questa direzione? Quali sono le più profonde differenze politiche, istituzionali e programmatiche tra popolari e socialisti? Quali sono i motivi discriminanti che dovrebbero motivare un elettore a votare per loro? Non si sapeva forse dall’inizio che come accade sempre la gestione politica dell’Europa sarebbe comunque stata condivisa tra Ppe e Pse? Non sono anni che in Europa governa una grande coalizione? E l’alleanza istituzionale tra le aree popolare e socialista non è diventata praticamente la normalità in molti Paesi europei?

E se è così, il voto che sfugge dal bipolarismo classico non va considerato un’eccezione di Strasburgo/Bruxelles come semplice manifestazione di protesta contro le politiche europee. Forse gli elettori non si sentono più pienamente rappresentati dal bipolarismo popolari (e conservatori) contro socialisti (e comunisti). Forse hanno in testa una domanda politica cui non hanno trovato ancora piena soddisfazione, un nuovo paradigma.

Osvaldo Baldacci


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