È il primo atto pubblico, plateale, in dissenso con la linea del governo e di Matteo Renzi. Tredici senatori democrat si autosospendono dal gruppo democratico per protestare contro la sostituzione di Corradino Mineo e Vannino Chiti in commissione Affari costituzionali di palazzo Madama.
Si tratta per ora di Felice Casson, Vannino Chiti, Paolo Corsini, Erica D’Adda, Nerina Dirindin, Maria Grazia Gatti, Sergio Lo Giudice, Claudio Micheloni, Corradino Mineo, Massimo Mucchetti, Lucrezia Ricchiuti, Walter Tocci, Renato Turano. A cui si è aggiunto Francesco Giacobbe.
Per motivare il loro gesto, i senatori ribelli si appellano alla Costituzione: “Noi riteniamo che sia stato effettuato un vulnus all’articolo 67 della Costituzione, che dice che il parlamentare non ha vincolo di mandato e risponde alla sua coscienza”, ha spiegato Paolo Corsini.
DITTATURA…
E’ stato davvero un siluramento da dittatura bolscevica? Sono in molti a pensarla così, come testimoniano anche i tanti messaggi su Twitter.
#Mineo silurato: colpirne uno per educarne centouno. Poi sarebbero i #5Stelle i fascisti a cui insegnare la democrazia…
— Pierluigi Serra (@Piggioserra) 12 Giugno 2014
… O LEGGE DELLA MAGGIORANZA?
Nonostante l’indubbio impatto mediatico che la sostituzione di Mineo, Chiti e Mauro produce, il caso si presta anche a una seconda lettura. Come ha spiegato il costituzionalista Francesco D’Onofrio, “dal punto di vista istituzionale, è una scelta corretta ed accettabile. La nomina del capogruppo non avviene per sorteggio o per ordine alfabetico ma per designazione del gruppo che si deve sentire rappresentato”.
Concetto ribadito a sorpresa anche dal parlamentare a 5 Stelle e vicepresidente della Camera Luigi Di Maio:
“Se in un partito o gruppo parlamentare la linea politica si decide a maggioranza e successivamente in parlamento un membro del gruppo vota in dissenso, addirittura rischiando con il suo voto di sabotare la linea decisa dalla maggioranza dei suoi colleghi, è giusto che vengano presi provvedimenti”.
LA FRONDA TENTATA DAI 5 STELLE
E, a proposito di 5 Stelle, c’è chi come Claudio Cerasa del Foglio fa notare come “molti tra i 13 senatori Pd auto sospesi facciano parte del gruppo vicino a Civati pronti da tempo a unirsi al Senato con i ribelli a 5 stelle”.
Il “siluramento” di Mineo e Chiti potrebbe accelerare questo processo? I tredici senatori democrat andranno fino in fondo? Si vedrà, ma intanto conta il dato politico che l’autosospensione dei senatori implica. Renzi dall’estremo Oriente mostra indifferenza: “Conta molto di più il voto degli italiani che il veto di qualche politico che vuole bloccare le riforme. E siccome contano di più i voti che i veti, vi garantisco che noi andiamo vanti a testa alta”, ha detto. Ma ora, dopo tante parole più o meno forti, dopo i numerosi maldipancia più o meno sottotraccia dei suoi colleghi di partito, dopo eventi o fondazioni più o meno concilianti, c’è un fatto concreto con cui dover fare i conti.