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Così l’Irak influisce sul prezzo del petrolio

Un nuovo focolaio geopolitico, questa volta in Medio Oriente, contribuisce ad appesantire un sentiment che già da qualche giorno ha perso la baldanza della scorsa settimana. L’avanzata dei miliziani jiadisti dell’Isis nel nord dell’Irak non si ferma, e gli ultimi rapporti parlano di truppe ribelli in avvicinamento a Bagdad e della conquista di una raffineria a Baji. Il governo avrebbe chiesto aiuto agli Usa, ma per ora Obama ha solo dichiarato di guardare con preoccupazione all’area e di considerare aperte tutte le opzioni.

IL BALZO DEL GREGGIO

L’Irak è il secondo Paese dell’Opec per produzione dopo l’Arabia Saudita, e l’impatto si è notato oggi con un balzo di un altro dollaro e mezzo del greggio, dopo quello di venerdì. Oltre a ciò, sussistono timori di una nuova destabilizzazione dell’area mediorientale, con Turchia, Siria e Kurdistan che hanno minacciato rappresaglie in caso di minaccia ai loro cittadini, e supporto al governo locale. Su queste basi, la seduta asiatica ha nuovamente preso la via di un moderato ribasso, con i principali indici in negativo tra il quarto di punto e il mezzo punto, ad eccezione di Bombay.

SUFFICIENTE DOMANDA

Leggermente più tonica la mattinata europea, con gli occhi puntati sulle aste italiane e il deal sindacato a 10 anni spagnolo. Gli investitori si son presentati all’appuntamento con sufficiente domanda da permettere un piazzamento agevole sia degli 8.5 miliardi di BTP che dei 9 che il Tesoro spagnolo ha deciso di piazzare (ma oltre 3.5 bln costituivano un concambio di titoli brevi). Ciò ha consentito all’Eurostoxx di continuare a consolidare sui livelli di ieri per tutta la mattina, anche se i temi degli ultimi giorni, vale a dire le prese di beneficio sugli asset favoriti la scorsa settimana, sono continuati.

UN DATO DELUDENTE

Nel primo pomeriggio era prevista la pubblicazione delle retail sales US di maggio. Il dato ha deluso (+0.3% vs +0.6% atteso), ma la revisione del dato di aprile (a +0.5% da +0.1%) controbilancia la sorpresa negativa per il mese corrente. Difficile ipotizzare un impatto di questo dato sul Fomc di mercoledi prossimo. Parzialmente deludenti anche i jobless claims settimanali, tornati a 317.000 unità dopo i 2 dati in area 300.000 di maggio. Ma si tratta di una serie volatile e comunque il livello resta coerente con una fase di espansione dell’occupazione.

UN MIX PARTICOLARE Peraltro, il mix di noise geopolitico, dati macro così così e attesa per il Fomc della prossima settimana ha indotto Wall Street ad un apertura debole, che ha accentuato la negatività e prodotto una chiusura europea opaca, con gli indici marginalmente negativi, spread in allargamento (+4 bp a 143 il btp, +8 la Spagna a 131), ed € in moderato rimbalzo, dopo i minimi in mattinata a 1.351 vs $. Il quadro di moderata risk adversion è confermato dal calo dei rendimenti di bund e treasury, dopo giorni di salita e dal recupero dei metalli preziosi.

SITUAZIONE INTERLOCUTORIA

La situazione tecnica sull’S&P 500 resta interlocutoria. Gli indicatori di breve illustrati lunedi scorso hanno svolto il loro compito, producendo un inizio di correzione nell’indice. Ora alcuni di essi sono rientrati dai livelli estremi (RSI a 60, Vix risalito sopra 12, indice non più incollato alle bollinger, e, a meno di improvvisi recuperi, ben 3 sedute negative a fila).

IN VIA D’ACCENTUAZIONE

Vedremo se sarà sufficiente, o, come riterrei più probabile, vista la rilevante distanza che separa ancora l’indice dalla media a 200 giorni e l’incombere del Fomc, la correzione si accentuerà. Il primo supporto si trova in area 1920, mini congestione di inizio giugno, poco sopra la media mobile a 20 giorni. Nel caso queste soglie diano strada, nel giro di pochi giorni in Europa si dovrebbe presentare un occasione di acquisto di asset periferici a prezzi “pre-Draghi”.


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