Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’articolo di Domenico Cacopardo apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.
Gli scandali Expo, Mose e Carige rappresentano l’occasione per dare sfogo al moralismo nazionale, per mescolare cause ed effetti, per attribuire a questo o quel partito o gruppo sociale la responsabilità di ogni nefandezza, esclusi i grillini del M5s: esenti perché, sino a ora, hanno esercitato un potere marginale. Occorrerà vederli alla prova, se mai avranno un’occasione vera. Cerchiamo di mettere un po’ d’ordine.
GIUDICI E CORROTTI
La prima considerazione è che la legge e il giudice penale non rappresentano un serio ostacolo a corrotti e corruttori. Nel territorio della Procura più agguerrita d’Italia, Milano, il fenomeno si è ampiamente e di recente concretizzato, per quel che si sa, per la sanità e l’Expo. Poiché si può ritenere che corrotti e corruttori non siano degli imbecilli amorali e che anzi, tra di loro, ci siano degli attenti calcolatori, questo vuol dire che le probabilità di farla franca sono elevate. Rilevanti quelle di sistemare i soldi rubati in luoghi sicuri, in cui mai potranno essere scoperti e sequestrati. Quindi, il loro calcolo costi-benefici mette all’attivo il maltolto e al passivo il sequestro di ciò che hanno previsto di farsi sequestrare e un periodo abbastanza breve di detenzione.
SISTEMA GIUDIZIARIO INADATTO
Qui, viene in rilievo l’inefficienza del sistema giudiziario e la totale inaffidabilità del regime delle pene, investito questo (legge Gozzini) da un’ingiustificabile indulgenza nei confronti dei condannati. Per fare un esempio, negli Stati Uniti le condanne si scontano tutte sino in fondo e solo in fondo si può contare su qualche indulgenza giudiziale. Non esistono matematici sconti capaci di annullare o quasi, come in Italia, le pene tabellari. Certo, c’è anche un problema morale: su di esso vorrei suggerire a tanti (e soprattutto al magistrato Raffaele Cantone) la lettura della celebre Favola delle api dell’inglese Bernard de Mandeville, scritto nel 1705. In essa si dimostra che l’istinto che regola l’attività umana è quello del possesso, nel senso dell’arricchimento: quando questo viene esercitato all’interno di un efficiente sistema di divieti e riconoscimenti, produce la ricchezza degli stati.
LEGGI E RAPPORTI CIVILI
Non è, quindi, in discussione la morale privata dei cittadini, che non è di competenza dello Stato. È, invece, da elevare la qualità (non la quantità) della legislazione che regola i rapporti civili nel territorio della Nazione. Questa qualità in Italia è molto bassa. Insediandosi in Italia, un ambasciatore americano riunì a Villa Taverna, sua residenza ufficiale, i trustees dell’Aspen Institute Italia e spiegò loro che il maggiore ostacolo all’incremento dei rapporti economici tra i due paesi era costituito dal nostro sistema giudiziario e dalle sue geometrie variabili, in una parola dalla totale incertezza del diritto. Un discorso, questo, che riporta immediatamente al tribunale di Pesaro che nomina il signor Mario Andolina, vicepresidente di Stamina Foundation, indagato dalla procura di Torino per associazione a delinquere, truffa e somministrazione di farmaci pericolosi, commissario ad acta per l’infusione degli stessi farmaci a un povero paziente ignaro dei discussi e contestati valori scientifici della terapia.
LE INCONGRUENZE DEL SISTEMA
Anche qui siamo alle prese con un evento che va al di là delle figure dei truffatori e dei truffati e investe un sistema amministrativo (sanità) e giudiziario incapaci di assumere comportamenti tra loro coerenti sul tema della salute. Purtroppo le misure amministrative che possono rimettere il sistema in carreggiata non sembrano interessare più di tanto il governo. Il medesimo presidente del consiglio Matteo Renzi sembra appagarsi di dichiarazioni reboanti (l’alto tradimento, il Daspo, i calci) prive di efficacia pratica. Anche il nuovo decreto anticorruzione serve solo a definire i poteri del dottor Cantone: gli incrementi delle pene che stabilirà avranno effetto per il futuro (e non potrebbe essere altrimenti) e, in fin dei conti, non incideranno sul fenomeno per le ragioni che abbiamo esposto.
IL MERITO DI RENZI
Probabilmente, la rinuncia agli strumenti dell’amministrazione (il commissariamento del Consorzio Venezia Nuova, delle imprese partecipanti e del Magistrato alle acque) deriva dalla consapevolezza che gli staff di collaborazione al governo non hanno le competenze professionali occorrenti per predisporre i provvedimenti amministrativi possibili e utili hic et nunc. A Renzi, comunque, va riconosciuto il merito (prima di lui solo Bettino Craxi) di avere messo in discussione e, di fatto, abolito il metodo concertativo tipico del consociativismo costituzionale. La caduta della sostanziale omertà tra partiti ha provocato i suoi primi, positivi effetti. Altri ce ne dobbiamo attendere, per esempio, in quel tempio del consociativismo che è la Rai. L’evoluzione della Repubblica italiana verso una democrazia compiuta è appena cominciata.