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Bruti Liberati e Roblebo, chi vince e chi perde

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’analisi di Domenico Cacopardo apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.

In uno stile da comitato centrale del Partito Comunista Cinese, il Csm archivia l’esposto del procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo e il controricorso del suo capo Edmondo Bruti Liberati. Se avevamo necessità di qualche ulteriore conferma dell’urgenza delle riforme istituzionali, il pregiato Csm, presieduto dal pregiatissimo Michele Vietti (a proposito: è vero che dispone di due Maserati blindate per i suoi spostamenti a Roma e fuori Roma?), ce l’ha fornita in un piatto di consunta ceramica.

Certo, il presidente della Repubblica, non contenuto da un governo autorevole, né da un Parlamento significativo, né da un qualsiasi partito dotato di un gruppo dirigente capace di saper leggere e scrivere (a parte Zanda che, onusto di tante giravolte, fa proprio impressione nelle foto di gruppo con gli imberbi amici di Matteo Renzi) ci ha messo il carico da 11 con il messaggio confezionato il giorno prima del plenum del Csm, scritto in inchiostro vetero-comunista, per porre al riparo dalla verità (di una maggioranza) una vertenza tra magistrati di una delle procure più importanti (e marcianti) d’Italia.

Un’ennesima intrusione in un campo così delicato da meritare ben altre cautele: prima fra tutte quella della difesa delle prerogative degli organi competenti, mai così posposti ed esautorati come nell’ottennio di Napolitano.

Ma in politica e in fisica il vuoto non esiste e, dove si manifesta, qualcuno lo colma più o meno rapidamente. Dunque, il Consiglio superiore della magistratura ha archiviato il procedimento apertosi dopo la presentazione del ricorso di Robledo. Questo, di fatto, significa, soprattutto dopo le controdeduzioni del suo capo, che l’aggiunto non aveva tutti i torti nel segnalare quelli che lui riteneva abusi o, peggio, errori funzionali. Se, poco poco, ci fosse stato un elemento a suo carico, la via d’uscita del Csm era obbligata: il trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale. Così non è stato: gli amici del reprobo possono festeggiarlo. Archiviando, il Csm non gli ha dato torto. Il che non significa, nel bizantino linguaggio del mondo togato, che gli ha dato ragione, ma che, insomma, non aveva tutti i torti.

Bruti Liberati, mentre non viene posta in discussione la sua permanenza a capo della Procura milanese, deve ingoiare l’archiviazione e, d’ora innanzi, attenersi a un codice comportamentale preciso: i suoi provvedimenti, anche urgenti, dovranno essere adeguatamente motivati, dando contezza, a Robledo e agli altri, delle ragioni processuali e organizzative che li determineranno. Non una deminutio, ma una raccomandazione di non tralasciare le regole (formali) di buon vicinato. Come andranno le cose da oggi in poi? La risposta non è immaginabile giacché riposa nelle intelligenze, nelle sensibilità e nelle suscettibilità dei contendenti ufficiali (Bruti Liberati e Robledo) e ufficiosi (prima fra tutti la valorosa Bocassini).

Si parva licet un auspicio: convivete. Nessuno ha messo in dubbio la vostra volontà di applicare la legge (primo dovere di ogni magistrato) e, quindi, di aiutare la Giustizia a compiere il proprio percorso. Il presupposto per convivere è acclarato (altro termine forense). Convivete.



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