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Il governo francese non molla sulla fusione delle regioni

La riforma dell’organizzazione territoriale in Francia – che si svolge in modo quasi contemporaneo a quella italiana – incontra difficoltà in Parlamento e patisce di un dibattito confuso e molto animato. Dopo gli annunci e la presentazione pubblica il 19 giugno scorso, l’animato approdo in Senato il 4 luglio aveva suggerito l’ipotesi di un rinvio all’autunno, cioè dopo il parziale rinnovo del Senato stesso, il 29 settembre prossimo.

UN’OPPOSIZIONE ETEROCLITA 

Il fronte che si è costituito alla Camera alta (che in Francia ha una rappresentanza territoriale a elezione indiretta) è composto dall’UMP (il partito di Sarkozy, Coppé e Fillon), dalla sinistra radicale, dal Fronte nazionale, dai centristi e liberali dell’UDI, e da una fronda dello stesso Partito socialista, in cui milita anche il predecessore dell’attuale primo ministro, Manuel Valls, cioè Jean-Marc Herault. Gli oggetti dello scontro riguardano la mappa delle Regioni proposta dal governo, che nella versione attuale raggruppa le attuali regioni da 22 a 14, il rinvio delle elezioni regionali e dipartimentali dalla primavera all’autunno del 2015, l’eliminazione a termine dei Dipartimenti, la fusione o associazione di gran parte dei 36.000 comuni, come già raccontato da Formiche.net. Mentre il 7 luglio, in commissione all’Assemblea nazionale il relatore Carlos Da Silva presentava una nuova mappa delle Regioni, il governo dichiarava ferma intenzione di procedere malgrado le resistenze incontrate. Il primo ministro Valls ha posto l’obiettivo di una prima lettura entro la sessione straordinaria estiva: il Senato si riunirà dunque nuovamente il 21 luglio.

IL MODELLO TEDESCO

Se molta attenzione è posta alle differenti ipotesi di fusioni tra Regioni, soprattutto nel nord ovest, nelle regioni storiche della Bretagna e della Normandia, il giornale economico Les Echos – oltre agli elementi storici e territoriali – richiamava la priorità del principio di efficacia. Con riforme che incontrano da anni resistenze e le mille tattiche di lobby assai attive, è comunque evidente al mondo politico transalpino l’obiettivo di rendere meno costoso e più efficace il sistema territoriale francese, copiando per quanto possibile dal modello tedesco, cioè dalla maggiore autonomia dei Laender, dalla flessibilità regionale nelle strategie di sviluppo economico, nella formazione delle competenze e nelle condizioni di sistema nel quale l’impresa nasce e opera. Si tratta di un percorso di riforma che è sofferto quanto quello italiano (il cui primo risultato riguarda almeno la soppressione delle province) e che infatti si accompagna a misure strutturali annunciate dal governo Valls per 50 miliardi a regime, di cui appunto 11 miliardi di riduzione della spesa originata dal sistema territoriale.

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