Va bene, abbiamo capito che al Fondatore per antonomasia piace far sapere urbi et orbi che lui e il Papa sono amici, che a Francesco “interessa parlare con chi non crede ma vorrebbe che l’amore del prossimo professato duemila anni fa dal figlio di Maria e di Giuseppe fosse il principale contenuto della nostra specie”, che in lui – in Eugenio Scalfari – “è nato un sentimento di affettuosa amicizia che non modifica in nulla il mio modo di pensare”. Va bene tutto. Ma costringere quel sant’uomo di Federico Lombardi, capo della Sala Stampa vaticana, a dire per la seconda volta in otto mesi che i virgolettati attribuiti al Romano Pontefice dall’Eugenio sono frutto della sua “memoria di esperto giornalista, ma non di trascrizione precisa di una registrazione e tantomeno di revisione da parte dell’interessato, a cui le affermazioni vengono attribuite” è davvero troppo.
In sostanza, Scalfari ha rielaborato il pensiero del Papa, romanzando il tutto e inventando di sana pianta alcune frasi di non poco conto. Spiega ancora Lombardi: “Ciò vale per due affermazioni che hanno attirato molta attenzione e che invece non sono attribuibili al Papa. Ciè che fra i pedofili vi siano dei cardinali e che il Papa abbia affermato con sicurezza, a proposito del celibato, ‘le soluzioni le troverò'”. Tra l’altro, osserva maliziosamente il direttore della Sala Stampa, “queste due affermazioni vengono chiaramente attribuite al Papa ma – curiosamente – le virgolette vengono aperte prima, ma poi non vengono chiuse. Dimenticanza o esplicito riconoscimento che si sta facendo una manipolazione per i lettori ingenui?”. Chi lo sa, forse solo il Fondatore di Repubblica lo sa. Oppure è tutta colpa di chi passa, o non passa, i pezzi di papa Scalfari. Ah, i correttori di bozze di una volta…
Oggi il quotidiano diretto da Ezio Mauro tenta di parare il colpo, in qualche maniera. Si intervista un tale Papas Jani Pecoraro (prete cattolico di rito greco bizantino) che loda le presunte aperture bergogliane al matrimonio per sacerdoti e, in merito al falso virgolettato di Francesco sui “cardinali pedofili” ben inquadrati nel Sacro Collegio, si fanno i nomi. Bomba clamorosa? No, dal momento che i pedofili citati oggi sono il cardinale Hans Hermann Groer e Keith O’Brien. Il primo costretto a rinunciare alla guida della diocesi di Vienna vent’anni fa (e morto da tempo), il secondo ha ammesso di aver molestato alcuni seminaristi trent’anni fa. Non risulta che per O’Brien si sia tirata in ballo la pedofilia, e tra l’altro il molestatore scozzese è ancora provvisto di porpora che il Sommo Pontefice potrebbe revocargli. Insomma, una bella arrampicata sugli specchi, faticosissima.
Nei Sacri Palazzi c’è qualcuno che a questo punto inizia a chiedersi: è ancora il caso – dopo quanto accaduto lo scorso autunno, con il Vaticano costretto a rimuovere dal proprio sito Internet il colloquio con Scalfari – di parlare di problemi della Chiesa, mafia e pedofilia, affidandosi esclusivamente alla memoria dell’interlocutore, senza poi neppure riguardare velocemente il testo di quello che andrà in pasto a milioni di lettori?