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Alibaba e i 40 ladruncoli

Il New York Times l’ha fatto di nuovo. E’ andato a frugare nella classe politica cinese, nei suoi portafogli, per capire che relazioni ci sono tra il Politburo ed economia, mentre la Cina avanza nel mondo con il suo passo pesante.

Quando aveva parlato dei miliardi nascosti della famiglia del premier Wen Jiabao, il New York Times aveva subito minacce e hackeraggi continui. Ora che si occupa di Alibaba, una delle storie più promettenti dell’apertura cinese al mondo, probabilmente non andrà molto meglio. Alibaba si dovrebbe quotare in Borsa a New York all’inizio di settembre – la data è stata posticipata già due volte – e secondo le previsioni dovrebbe raccogliere più di 20 miliardi di dollari, anche se sui numeri c’è molta incertezza dovuta alla mancanza di trasparenza a livello di azionariato.

Abbiamo imparato a conoscere Jack Ma, fondatore e presidente di Alibaba (si è dimesso dalla carica di CEO l’anno scorso) che faceva l’insegnante di inglese, sognava di fare lo scienziato e ha creato questo gigante dell’e-commerce con diciotto amici nel suo appartamento, nel 1999. Quel che capiamo meglio oggi sono le “connessioni politiche profonde” delle aziende che investono in Alibaba, Boyu Capital, Citic Capital Holdings e CDB Capital, il braccio del private investment della China Development Bank. Un quarto investitore è entrato in Alibaba questo mese: New Horizon Capital, un fondo di private equity creato dal figlio dell’ex premier Wen Jiabao, Winston Wen.

Gli investitori che detengono circa il 70 per cento di Alibaba sono noti, c’è anche Yahoo!, ma è il resto a essere oscuro e anche se la percentuale è più bassa, il suo valore – e il potere collegato – può essere enorme. New Horizon Capital ha dichiarato che alla fine del 2013 il valore del suo investimento è diventato 3,73 volte quello iniziale. Questo significa che se Boyu Capital ha investito 400 milioni, ha guadagnato più di un miliardo nello stesso periodo – uno dei partner di Boyu Capital è Alvin Jiang, nipote dell’ex presidente Jiang Zemin.

C’è anche un sistema di partecipate che rende la proprietà ancora più complessa – e legata ai paradisi fiscali caraibici. Un esempio: alcune delle azioni di Boyu sono controllate attraverso una delle sue sussidiarie, Athena China Limited, che ha sede nelle Virgin Islands britanniche. Athena a sua volta è controllata da un’altra entità offshore, Prosperous Wintersweet BVI, che è di proprietà del Boyu Capital Fund I, che ha sede nelle isole Cayman. Gli investitori più recenti, entrati nel 2012 in Alibaba, includono i fondi sovrani Citic Capital e CDB Capital, controllati dallo stato cinese. Citic Capital detiene azioni in banche, campi petroliferi e nel settore dell’acciaio. Una sua unità, il Citic Private Equity Funds Management, era guidata fino al 2012 da Liu Lefei, il cui padre, Liu Yunshan, capo della propaganda cinese, è diventato quell’anno membro dello Standing Committe del Politburo. Jeffrey Zeng, un manager del Citic Capital, è il figlio dell’ex capo della pianificazione economica, Zeng Peiyan, che faceva parte del Politburo.

In un paese con un miliardo e trecentomila persone – commenta il New York Times – quattro dei maggiori investitori in Alibaba hanno avuto tra i loro manager e fondatori figli e nipoti di quella ventina di persone che sono state dal 2002 a oggi nello Standing Committee del Politburo, l’elite della Repubblica popolare cinese. E questo dice molto della Cina, e di Alibaba.

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