Arrivano i Comuni “salva-famiglia”. I Municipi, cioè che, da Verona a Trento, da Padova a Sassari, da Castelnuovo del Garda a Rovereto passando per Lecce ed altri nel Mezzogiorno, mostrano di riconoscere, in linea con gli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione, la famiglia fondata sul matrimonio come una risorsa vitale per la società. E, quindi, non solo non trattano la famiglia come un fatto privato o, peggio, come una unione purchessia di persone (comprese omosessuali), ma la assumono nelle loro politiche come il luogo primo della solidarietà e della gratuità.
INTERVENTI ECONOMICI ED AGEVOLAZIONE DELLE TARIFFE
Dedichiamo questa prima puntata della nostra “inchiesta” sui Municipi italiani Family friendly, al Comune di Verona che, da un più di un decennio ormai, ha istituito interventi economici mensili e straordinari per i nuclei familiari non di mera facciata, ha attuato efficaci politiche di agevolazione nelle tariffe comunali (ad es. di mobilità), interventi volti ad agevolare l’affido familiare, innovative iniziative di formazione dirette a rafforzare i legami coniugali operando a “prevenzione” della separazione e del divorzio (vedi i corsi, promossi dall’Amministrazione, di “Riflessione sulla vita di coppia”), e tanti altri provvedimenti che sono illustrati nel portale “Politiche sociali” del sito istituzionale.
Da ultimo, il Comune di Verona si è segnalato per la promozione della titolarità in primis alla famiglia del diritto-dovere di educazione dei propri figli. La giunta di Verona, infatti, è guidata da quel sindaco Tosi che, nel settembre dello scorso anno, è andato su tutte le prime pagine per aver concesso, scatenando la protesta delle lobby gay e progressiste, il proprio patrocinio ad un convegno di associazioni familiari che aveva convocato a Verona importanti esperti per argomentare contro l’ideologia gender.
LA “CONSULTA COMUNALE DELLA FAMIGLIA”
Nel Comune di Verona, dall’ottobre del 1997, opera una “Consulta Comunale della Famiglia”, costituita da una trentina di associazioni familiari e di volontariato, con il compito di «contribuire all’elaborazione delle politiche familiari dell’Amministrazione comunale» con, fra l’altro, la promozione di «iniziative atte a diffondere una cultura per la famiglia come istituzione fondamentale e a rendere le altre istituzioni più attente ed adeguate ai problemi che la riguardano».
Fra questi ultimi, come nel resto del Paese, è stato segnalata l’arbitraria interferenza di programmi e corsi di “educazione sessuale” ispirati all’ideologia del “genere” sessuale (gender, appunto), i quali banalizzano l’unione fisica ad una questione esclusiva di genitalità, relativizzando anche la complementarietà dei sessi.
FAMIGLIA E DIRITTO DI EDUCAZIONE
Per questo, prima della chiusura estiva, il 23 luglio, il Consiglio comunale scaligero ha approvato un Ordine del giorno (n. 426), promosso da 23 consiglieri che, con il titolo di Famiglia, educazione e libertà di espressione, ne ribadisce l’unicità come ambiente privilegiato per la nascita e la formazione della persona, per la sua crescita e la sua educazione e per l’incontro e il confronto tra le generazioni. La comunità sociale che si origina nel matrimonio, secondo l’Ordine del giorno che ha come suo primo firmatario il consigliere Alberto Zelger, è dunque il luogo in cui le relazioni di cura garantiscono la piena umanizzazione di tutti i suoi membri, fino ai soggetti più deboli. Le innumerevoli funzioni che la famiglia svolge sia al suo interno che verso l’esterno, secondo questo documento che dovrà sempre più influenzare le politiche e l’ordinamento comunale, ne fanno a pieno titolo un attore delle politiche sociali, un soggetto che genera benessere nella società in interazione con lo Stato e il mercato.
Per questo, nella prima delle Premesse dell’Odg viene ricordato come l’art. 29 della Costituzione italiana riconosca «il “ruolo sociale della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” tra un uomo e una donna, anche se quest’ultima precisazione non è riportata nel testo (i padri costituenti la davano per sottintesa)».
Si passa quindi all’art. 16 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo sancisce che, al terzo comma, definisce la famiglia «il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato».
Considerato quindi che la famiglia formata dall’unione di un uomo e una donna «è l’unica istituzione naturale in cui può nascere una nuova vita, e l’ambito sociale più adatto ad accogliere i minori in difficoltà, anche attraverso l’istituto dell’affidamento e dell’adozione», se ne rigetta l’attuale «aggressione culturale senza precedenti, che vorrebbe equipararla alle unioni di persone dello stesso sesso, riconoscendo loro il diritto all’adozione e alla “produzione” di bambini con l’utero in affitto».
Alla luce di quanto approvato nelle Premesse e nei Considerando, il Consiglio comunale di Verona invita quindi il Sindaco e la Giunta ad una serie di incombenze, fra le quali quella di «vigilare affinché, nelle scuole di competenza comunale, venga data un’adeguata informazione preventiva ai genitori sul contenuto dei progetti di educazione all’affettività e alla sessualità, come pure sugli spettacoli e sugli eventi ludici, che vengono proposti ai loro figli», nonché «delegare al Coordinamento Servizi Educativi l’onere della raccolta delle segnalazioni dei genitori e degli insegnanti sui progetti di educazione all’affettività e alla sessualità, come pure sugli spettacoli e sul materiale didattico, che risultino in contrasto con i loro principi morali e religiosi».
La reazione delle associazioni pro-gender e delle lobby gay non si è fatta aspettare ma, pur sovra-esposta nei media, al pomeriggio dei “laici in libero Comune”, organizzato il 9 agosto nel centro di Verona, in piazza Bra, non hanno partecipato che «un centinaio di persone» (Contro l’omofobia e l’odg di Zegler centinaia manifestano in piazza Bra, in Corriere del Veneto.it, 9 agosto 2014).