Si preannuncia come l’operazione finanziaria più grande che il Nyse abbia mai ospitato: la quotazione del colosso cinese dell’e-commerce Alibaba, prevista per l’autunno, potrebbe fruttare 20 miliardi di dollari, portando il valore post-Ipo dell’azienda tra i 150 e i 200 miliardi di dollari (per qualche analista anche 245 miliardi di dollari; in pratica Alibaba varrebbe più di Facebook).
Ma la quotazione a Wall Street di Alibaba, che per la nazione più popolosa del mondo è il punto di riferimento per gli acquisti online, vuol dire l’inizio di un’espansione nel mondo occidentale che potrebbe trasformare il gigante cinese in un temibile concorrente per i player americani (Amazon e eBay) che finora hanno dominato l’e-commerce.
SFIDA AL DOMINIO AMERICANO
L’Ipo che Wall Street attende per dare una sferzata al mercato sarà infatti non solo un affare per il fondatore di Alibaba, Jack Ma, che ne possiede l’8,9% e il cui patrimonio è valutato a 12,5 miliardi di dollari, e per gli altri proprietari, come Softbank, Yahoo (entrambe però venderanno parte delle azioni dopo l’Ipo), l’imprenditore e investitore russo Yuri Milner e la società americana di private equity Silver Lake Partners: l’Ipo di Alibaba a Wall Street è soprattutto un messaggio che il colosso cinese manda al mondo dell’e-commerce per sottolineare che gli imprenditori cinesi del web sono ormai in grado di competere con quelli occidentali e di creare il primo vero mercato online globale, forse anche più grande di Amazon e eBay.
LA STORIA DI ALIBABA
La storia di Alibaba risale al 1995, quando l’allora 31-enne Jack Ma, ex insegnante di inglese nativo di Hangzhou, e in quel momento titolare di una società di traduzioni, fece un viaggio a Seattle. Qui, navigando su Internet dal Pc di un amico, si accorse che cercando i termini “cinese” e “birra” non trovava niente. Tornato ad Hangzhou, Ma fondò un sito Internet che era una sorta di Pagine gialle cinesi. A quel tempo pochi cinesi avevano Pc e Internet e la società fallì. Ma non si scoraggiò e a fine 1998, insieme a 17 colleghi, lanciò un sito che aiutava le piccole imprese locali a vendere i loro prodotti online, chiamandolo Alibaba. Oggi il sito, espressione della classe media cinese (500 milioni di persone), fonda il suo successo proprio nel collegamento tra aziende produttrici e consumatori.
NUMERI E PREVISIONI SULLA QUOTAZIONE
Con la colossale capitalizzazione che seguirà alla quotazione avrà – almeno in teoria – i mezzi per una forte espansione internazionale, ridisegnando gli equilbri di potere su Internet. Nel prospetto inviato al regolatore di Borsa americano (Sec), Alibaba sembra in realtà puntare più su un’ulteriore espansione sul mercato domestico: l’online shopping rappresenta solo il 7,9% dei consumi cinesi e il consumo in Cina nel 2013 è solo il 36,5% del Pil, contro il 66,8% degli Usa. Ma per gli analisti è questione di tempo: Alibaba guarderà presto oltre i confini della Cina e allontanerà clienti da Amazon e eBay verso la sua piattaforma, che funziona come strumento di mediazione di transazioni verso e fuori la Cina, aprendo a scambi transfrontalieri senza intermediari. “Questa è la prima volta che osserviamo una concreta e consistente minaccia al predominio americano nell’e-commerce”, dichiara Sam Hamadeh, chief executive officer di PrivCo, sito Internet di informazione finanziaria.
LA GEOGRAFIA DEL COLOSSO CINESE
Per gli standard delle società americane dell’e-commerce, Alibaba potrebbe non sembrare così gigante, con le sue entrate stimate per il 2013 di 8 miliardi di dollari, contro i 16 miliardi di eBay e i 75 miliardi di Amazon, ma le cifre ingannano perché rappresentano solo le commissioni di Alibaba sulle vendite e le quote che trattiene per i suoi servizi. E’ più opportuno forse considerare che su Alibaba sono state vendute merci per un valore di 248 miliardi di dollari nel 2013, il doppio di Amazon e tre volte più di eBay, e che Alibaba ha mediato la consegna di più pacchi in Cina di Ups negli Usa (5 miliardi contro 4,3 miliardi).
ALIBABA, AMAZON E EBAY: ANALOGIE E DIFFERENZE
Anche il modello di business di Alibaba è diverso. Amazon e eBay hanno creato un singolo hub online e poi aperto versioni regionali nel resto del mondo; Alibaba invece ha molteplici piattaforme e attività apparentemente non collegate tra loro, con diversi siti, ciascuno ritagliato in base al tipo di transazione e col potenziale di raggiungere la platea globale. Alibaba è una sorta di mix tra Amazon, eBay e PayPal: tra le sue proprietà ci sono Tmall, negozio online; Taobao, un mercato dove le piccole imprese cinesi possono vendere direttamente ai consumatori; e Alipay, società dei pagamenti digitali che i consumatori cinesi usano tramite smartphone per ogni genere di transazione, sia sui siti di Alibaba che su altri. L’anno scorso Alipay è stato usato per pagamenti di un valore complessivo di 519 miliardi di dollari. Il funzionamento come marketplace mantiene bassi i costi operativi; questo, unito a un regime fiscale poco gravoso fa sì che Alibaba abbia margini di profitto del 45%, con utili nel 2013 di 3,8 miliardi di dollari; per fare un confronto, Amazon negli ultimi anni è stata in perdita.
IL ROADSHOW PER GLI INVESTITORI FRA STRATEGIE E OPACITA’
La pressione di Alibaba sulle concorrenti americane si farà sentire già da inizio settembre con il roadshow per gli investitori programmato da Jack Ma, che toccherà diverse città di Asia e Stati Uniti per concludersi a Londra, e con cui l’imprenditore cinese spiegherà strategie e organizzazione della sua azienda ai potenziali azionisti. Il primo punto da chiarire è la struttura azionaria a due livelli che la Borsa di Hong Kong ha bocciato: Alibaba aveva infatti richiesto qui la quotazione ricevendo il no delle autorità di Hong Kong, non convinte dalla opacità del meccanismo.
“Ma vuole mantenere un azionariato a due livelli per evitare che gli azionisti stranieri acquisiscano i voti di controllo”, spiega Henry Cao, professore di economia alla Cheung Kong Graduate School of Business (dove Ma ha preso il suo Mba). “Con questa struttura nessuno potrà comprare il 51% delle azioni e prendere il posto di Jack Ma”. Hong Kong ha rifiutato questa struttura preoccupata per i diritti degli investitori, mentre il Nyse e la Sec sanno che negli Usa il sistema legale è più efficiente e indipendente e in grado di contrastare “colpi di mano” del management a danno degli investitori. Se Ma vuole minare il predominio Usa dell’e-commerce dovrà non solo spiegare con quali strategie intende affrontare la concorrenza sul mercato internazionale, ma chiarire anche come garantirà trasparenza e indipendenza a chi investe il proprio denaro nella sua compagnia.