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I nemici di Lady Pesc, Mogherini, saranno in Europa. Il commento di Nicola Pedde

Federica Mogherini ha scardinato il dogma, tutto italiano, che per essere un bravo ministro degli Esteri devi far parte della gerontocrazia che ha da sempre dominato questo Paese. Dicevano fosse troppo giovane, senza esperienza e non all’altezza del ruolo di Ministro degli Esteri prima, e di Alto Rappresentante poi. Al contrario è stata un ottimo ministro, coraggioso e preparato, che ha demolito non poche delle tradizionali rigidità della Farnesina. Come alcune delle recenti nomine confermano in pieno, dimostrando di aver scelto per competenza e professionalità.

Quella di Mogherini è una carriera maturata nel solco di una solida reputazione di “scholar”, costruita con un curriculum accademico e professionale invidiabile e soprattutto inattaccabile. Cosa non certo comune in questo Paese dalle molte expertise fittizie.
Non si può nemmeno dire che abbia avuto la strada spianata dai fallimenti di un precedente governo, subentrando ad Emma Bonino, che a sua volta è stata un ottimo ministro, lungimirante e audace.

Si è quindi guadagnata i galloni sul campo, operando sin dapprincipio a testa bassa e lontana dai riflettori. Scelta che si è rivelata a mio avviso fondamentale, e che ha premiato la concretezza della professionalità della Mogherini, contrapponendola all’inconsistenza di alcune sue giovani colleghe di governo.

L’arena in cui va a misurarsi adesso è tuttavia insidiosa, ipocrita ed ambigua. Senza nascondersi dietro a un dito, è chiaro la nomina di Federica provochi più qualche mal di pancia in Francia e in Gran Bretagna. Ed è chiaro che il margine di movimento dell’Alto Rappresentante sarà ben più limitato e circoscritto rispetto a quello di un ministro degli esteri.

Il rinnovato attivismo italiano in politica estera, sebbene ancora embrionale e mal definito, ha già dato fastidio a molti. E questi molti abitano perlopiù a Parigi e a Londra.
Un’Italia non succube economicamente e politicamente sembra infastidire le vecchie signore della politica estera europea, che mal digeriscono soprattutto il pragmatismo con cui l’Italia guarda al Medio Oriente, all’Africa e alla Russia. Un pragmatismo che concede al Paese un potenziale sino ad oggi inespresso, e che non deve mutare nell’ottica dell’interesse di Francia e Gran Bretagna.

Non un posto facile, quindi, quello in cui ha messo piede Federica Mogherini, dove dietro alla facciata dell’imperante ottimismo europeista, si nascondono crescenti rivalità e tentativi di dominio dal sapore tristemente neocolonialista.
L’Italia paga lo scotto di una pressoché inesistente capacità di influenza mediatica a livello internazionale.

E’ bastato quindi un paio di articoli pubblicati dal Financial Times e da Le Monde per riportare nuovamente a galla, alla vigilia della nomina di Federica Mogherini alla carica di Alto Rappresentante, tutte le banali polemiche che da settimane hanno cercato di screditarne la candidatura.

Giovane, inesperta e succube dei tedeschi, la vuole adesso la vulgata internazionale, denunciando una sua possibile nomina come espediente per indebolire la politica europea a vantaggio della locomotiva tedesca. Che suona un po’ ridicolo, se pronunciato da chi ha sostenuto sino ad oggi la Ashton, che proprio uno statista non si è dimostrata.

Ma il problema è più nostro che loro, intrappolati come sempre da una parte nell’autolesionismo della politica nazionale, e dall’altro nel servilismo di quella internazionale. Un binomio rivelatosi catastrofico per l’Italia degli ultimi trent’anni.
Da semplice analista di politica internazionale, infine, mi auguro che Federica Mogherini operi una rivoluzione anche a Bruxelles.

I margini di manovra non saranno ampi, è vero, ma non è nemmeno impossibile destarsi dal torpore dell’Europa di oggi, dando vigore ed impulso alle politiche di vicinato, soprattutto in direzione del continente africano, del Medio Oriente e dell’est europeo. Uscendo finalmente dal guscio che ha intrappolato l’Unione, definendo una reale linea di politica estera comune, e ridando prestigio e credibilità a quella che per troppo tempo è stata la politica estera di pochi, a danno di molti.



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