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Lo sapete che vendere quote di Eni ed Enel non è un affarone per il Tesoro?

La discussione in atto sulle “Privatizzazioni di Stato” verte in modo particolare sulla eventuale vendita delle quote possedute in Enel ed Eni dalla mano pubblica: meglio vendere ed incassare per ridurre il debito pubblico, o mantenere le partecipazioni e continuare ad incassare lauti dividendi annui?

Snoccioliamo pochi numeri, per inquadrare il tema.

DOSSIER ENEL

Enel è posseduta al 31,30% dal Mef; ha una capitalizzazione di Borsa (al 28.8.2014) di 30.770 milioni, quindi la quota in mano pubblica “vale” 12.135 milioni; fra il 2010 ed il 2014 il Mef ha incassato complessivamente 2.266,3 milioni in dividendi (382,6 milioni nel 2014, con un rendimento sull’investimento del 3,15%).

DOSSIER ENI

Eni è posseduta al 4,34% dal Mef ed al 25,76% da Cdp (acquistata dal MEF alcuni anni orsono); ha una capitalizzazione di Borsa (al 28.8.2014) di 69.093 milioni, quindi le quote in mano a Mef e CDP “valgono” rispettivamente 2.999 milioni e 17.798 milioni; fra il 2010 ed il 2014 il MEF ha incassato 411,6 milioni e CDP 2.443,4 milioni di dividendi (86,7 milioni e 514,9 milioni nel 2014, rispettivamente, con un rendimento del 2,89%).

ALCUNE OSSERVAZIONI
– La vendita di azioni Enel si tradurrebbe in un incasso da parte del Mef ed una corrispondente riduzione del debito pubblico;
– La vendita di azioni Eni presenta 2 aspetti diversi: l’incasso derivante dalla vendita della quota posseduta dal Mef (limitata al 4,34%) andrebbe a ridurre il debito pubblico, mentre l’incasso dalla vendita della quota in mano a Cdp (oggi, il 25,76%) non “toccherebbe” il debito pubblico, essendo CDP fuori dal perimetro dell’amministrazione pubblica ai fini del calcolo fatto da Eurostat;
– La soglia di possesso per essere obbligati a lanciare un’offerta pubblica di acquisto per il 100% delle azioni della società è stata portata dal 30 al 25%; quindi se lo Stato mantiene il 25,01% delle azioni un eventuale acquirente dovrà offrire di comprare il 100% delle azioni, e non solo la quota in mano allo Stato (direttamente od indirettamente), rendendo più oneroso l’esborso per ottenerne il controllo; in tal caso, risulterebbe quindi necessario, per lo Stato (MEF), limitarsi a vendere il 6,29% di Enel (incassando 2.438,6 milioni, a favore del Mef) ed il 4,34% di Eni posseduto dal Mef (2.999 milioni di incasso, sempre ai valori del 28.8.2014).

Valori non banali, ma sempre “un bicchiere nel mare” del debito pubblico.

Leggi qui l’analisi di Italia Aperta



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