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Ecco tutti i guadagni dell’Isis

Molto si è detto sulle finanze del Califfato dell’Isis. Ci sono i soldi rubati dalle banche del Mosul, il controllo dei giacimenti di gas e petrolio in Siria e Irak, i pagamenti di sequestri ed estorsioni. I jihadisti radicali vogliono uno Stato islamico da Aleppo (Siria) a Diyala (Irak), un’ampia estensione di territorio con consistenti spese militari. Per creare il Califfato serve una struttura economica che, almeno per ora, l’organizzazione non è in grado di sostenere.

IL PREZZO DELLO STATO

Secondo un articolo di Mona Alami pubblicato sul sito Sada, in Siria ci sono circa 50mila combattenti che occupano il territorio di Aleppo, Raqqa e Deir ez-Zor e le province di Salahuddin, Anbar, Ninive e Diyala in Irak.

Il leader dell’Isis, Abu Bakr al-Baghdadi (leggi qui il ritratto di Formiche.net) ha detto lo scorso luglio che il Califfato vuole ridare “diritti e leadership” ai musulmani, ma per questo è necessario avere entrate costanti che finanzino il nuovo Stato islamico. Non bastano gli eventuali capitali ottenuti dalle attività sul mercato nero e la vendita di gas e petrolio.

IL BUSINESS DEI SEQUESTRI

Circa 8 milioni di dollari al mese provengono dalle tasse imposte ad aziende e imprese private e minoranze religiose a Mosul. Altri 400 milioni di dollari sono stati presi da saccheggi a banche e sequestri di cittadini stranieri (come ad esempio nel caso del giornalista italiano Domenico Quirico in Siria). Alcune indagini indicano che almeno 20 stranieri sono ancora prigionieri dell’Isis a scopo di estorsione. Il pagamento di un sequestro varia tra 100mila a 135 milioni dollari, come la richiesta per la liberazione del giornalista americano James Foley.

PETROLIO LOW COST

L’Isis controlla tra il 30 e il 40% dei 100mila barili al giorno di petrolio della località siriana Deir ez-Zor. Inoltre, Raad Alkadiri, amministratore delegato della società di consulenza IHS Energy, ha detto che l’organizzazione estrae 35mila barili di greggio al giorno in Irak. Il prezzo a cui viene venduto il barile di questo petrolio è stracciato: dai 30 ai 50 dollari, quasi la metà del valore sul mercato. I macchinari con cui si procede all’estrazione sono di vecchia tecnologia, per cui il processo è lento e complicato. Nonostante ciò, tra il petrolio e il gas siriani e iracheni l’Isis riesce a incamerare 3 milioni di dollari al giorno.

UN ALTO REDDITO INSUFFICIENTE

Secondo Alami, l’Isis ha un ricavato di 1,5 miliardi di dollari all’anno. “Anche se questo lo rende il gruppo estremista più ricco del mondo, il suo modello di califfato è economicamente insostenibile nel lungo periodo. L’amministrazione delle sei province che controlla (Raqqa, Deir ez-Zor, Salahuddin, Diyala, Anbar e Ninive) richiede enormi fondi e la capacità di fornire servizi ad un ampio territorio, con otto milioni di persone (cinque milioni di iracheni e tre milioni di siriani)”.

QUANTO COSTA LA RICOSTRUZIONE

Per ricostruire le zone dove il Califfato dell’Isis si vuole ergere serve un reddito più alto. “Ad esempio, il bilancio ufficiale della provincia di Salahuddin è stato di 409 milioni dollari quest’anno, mentre quello di Anbar è stato di 1,153 miliardi dollari nel 2010, a Diyala nel 2012 è stato di 123 milioni di dollari e a Ninive nel 2013 di 840 milioni dollari. Cioè, solo per l’Iraq lo Stato islamico dovrebbe stanziare 2,6 miliardi di dollari. È difficile stimare quanto serve per coprire le esigenze economiche della Siria, ma la cifra sarebbe comunque molto più alta. Il governo siriano ha un bilancio fiscale di 8,1 miliardi di dollari nel 2014 solo per le sovvenzioni di cibo, carburante e stipendi pubblici nelle aree che controlla”, ha scritto l’analista.

Per ricostruire le zone controllate dagli estremisti sono necessari costosi interventi in infrastrutture, compresi lavori su strade, reti elettriche, scuole e ospedali. Così, per gli analisti, la chiave per vincere la guerra contro l’Isis è proprio nella sua debole economia.


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