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Petrolio in calo, Opec e guerra dei prezzi

Forse tra un po’ dovremo cambiare sinonimo per il petrolio. Troveremo un metallo meno prezioso dell’oro affiancare a “nero”. Il prezzo del barile continua a scendere. Il Brent, il greggio di riferimento del mare del Nord è calato fino a 88,40 dollari al barile. Ancora più giù è finito il Wti. Un’ondata ribasssita che rappresenta un trend consolidato da settimane. La debolezza dell’economia globale frena la quotazione del petrolio. Tuttavia l’Opec, l’Organizzazione dei Paesi esportatori , non pare intenzionata a ridurre l’offerta per frenare il calo dei prezzi. Anzi. “Non credo che attualmente ci sia una possibilità che i Paesi dell’Opec riducano la produzione, soprattutto perché l’organizzazione si è data un obiettivo di 30 milioni di barili al giorno che non è stato ancora raggiunto”, ha detto il ministro del petrolio del Kuwait, Ali al Omair. Secondo la Reuters, i sauditi sono convinti di poter far scendere il prezzo del petrolio sotto la soglia dei 90 dollari al barile senza subire contraccolpi. Un discorso diverso andrebbe fatto per altri paesi esportatori come Iraq, Venezuela e Russia. Secondo molti analisti questi paesi non potrebbero sopportare un prezzo del greggio così basso.

L’Arabia Saudita, primo produttore mondiale che vale da solo un terzo del totale outpot  Opec vuole mantenere quote di mercato garantendo una certa tranquillità agi acquirenti. Anche a costo di far calare le entrate statali.  Già a settembre Rihad aveva annunciato che avrebbe praticato forti sconti sui prezzi del prossimo successivo per Asia, America ed Europa. Come fa notare Bloomberg, l’Iran si è messo in scia. Anche Teheran ha concesso sconti per il suo petrolio sui mercati asiatici. Una guerra dei prezzi per difendere quote di mercato mentre la crescita mondiale continua ad essere debole.



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