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Che fare dopo la Leopolda Blu?

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Affluenza oltre le previsioni, grande entusiasmo, tante idee e tanta voglia di renderle concrete: Sveglia Centrodestra è stato un successo.

Se primo passo doveva essere, si può senz’altro affermare che sia stato fatto nella direzione giusta e con lo spirito giusto. Primarie, meno Stato, meno burocrazia, meno tasse, più libertà d’intraprendere sono solo alcuni dei temi che, dalle sale del Circolo Filologico Milanese, sono tornati finalmente in un’agenda riconducibile all’area di centrodestra. Nel corso dell’evento, ma anche successivamente, mi è stata espressa da alcuni una certa perplessità per la presenza in sala di personalità del mondo politico. Vorrei soffermarmi brevemente su tale questione.

Ritengo azzardato giudicare la bontà e la riuscita di un evento di questo genere unicamente sulla base della presenza più o meno gradita d’alcuni politici di lungo corso. Questa considerazione si lega a elementi di carattere oggettivo, riscontrabili da parte dei partecipanti: nei confronti di tali ospiti non sono stati compiuti trattamenti di favore, ed è stato loro concesso dagli organizzatori il medesimo tempo riservato ad altri oratori meno famosi. Non s’è verificato né realizzato, insomma, il tentativo di mettere il cappello all’evento da parte di chicchessia: Sveglia Centrodestra è nato libero ed è rimasto libero, creando quel momento d’aggregazione e di confronto — senza passerelle e inchini — che da troppo tempo mancava nella comunità alternativa alla sinistra, impotente di fronte a lacerazioni e litigi nazionali. Sarebbe ingeneroso e intellettualmente scorretto puntare l’obiettivo solo sui — in verità pochi — volti conosciuti intervenuti, e relegare in secondo piano il dibattito vivacizzato soprattutto dai tantissimi contributi venuti dal mondo della cultura, dell’imprenditoria e del giornalismo.

Trovo, inoltre, che sia venuto il momento d’affrancarsi da un certo modo di pensare che ricorda le cacce alle streghe e i pubblici processi tanto cari al grillismo. Mi riferisco all’idea perniciosa d’operare una sorta di selezione all’ingresso: che, in sostanza, venga impedito di presenziare ad alcuni politici considerati sgraditi e sgradevoli. Un mero invito non equivale a un’assoluzione né a una prostrazione; così come partecipazione non significa appropriazione. Quindi, di grazia, che cosa si dovrebbe fare? Mettere a punto una blacklist e istituire un servizio d’ordine che agli eventi la faccia rispettare? Cadere nel ridicolo è assai facile. Credo che questo modo di pensare sia sintomatico, da un lato, della totale mancanza di una normale logica dell’alternanza e di ricambio generazionale all’interno della classe dirigente, ma dall’altro lato anche della paura di competere che attanaglia alcuni che, a mio avviso, interpretano troppo pessimisticamente la dinamica delle primarie. Per pensare in grande, bisogna abbandonare l’ottica dell’ostracismo demagogico e prendere atto che l’attuale situazione di molti partiti — primo fra tutti ciò che rimane di Forza Italia, nella quale regna l’anarchia — non consente a nessuno della vecchia guardia di (ri)presentarsi come novello Messia che si appropria degli spazi altrui. Questo concetto è stato ribadito più volte, in modo chiaro e inequivocabile, dal palco dell’evento. Ogni dubbio su eventuali paternità nascoste di Sveglia Centrodestra è dunque del tutto fuori luogo e spesso dettato dalla malafede.

Nessuno s’è montato la testa e considera Sveglia Centrodestra un punto d’arrivo: sarebbe controproducente, e da ingenui. In realtà, si tratta di un ingombrante punto di partenza. Il lavoro da fare è ancora molto e, anzi, il difficile arriva proprio ora, poiché si dovranno fornire coordinate chiare e precise sul futuro che intendiamo costruire.

È comprensibile il timore della delusione e del fallimento; ma, d’altronde, non esiste impresa immune al rischio, e questo è il tempo del coraggio, non della paura.

Federico Cartelli
Direttore The Fielder


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