Non mancano le sfide, ma neppure le difficoltà. Renato Ravanelli, già capo azienda di A2a, sarà dunque l’amministratore delegato di F2i, sgr nata nel 2007 ad opera di Cdp, nove fondazioni bancarie, Intesa, Unicredit, due casse di previdenza e la società Ardian.
Ravanelli prende il posto di Vito Gamberale, da tempo in uscita, anche perché non più in sintonia con i soci, specie con quelli bancari del fondo, dopo che l’ex top manager di Stato aveva capitanato un gruppo di azionisti Telecom per soppiantare il precedente vertice dell’ex società monopolista; tentativo poi non andato in porto. L’ex manager delle partecipazioni statali, come oggi scrive Carlotta Scozzari sul quotidiano Repubblica, si sarebbe assicurato una liquidazione di circa 5 milioni di euro.
Nessun avvicendamento, invece, alla presidenza di F2i. Resta Giuliano Asperti, e dunque non arriva Vittorio Terzi, ex Mc Kinsey. I soci bancari del fondo non avrebbero dato il via libera per una questione di divisioni di deleghe tra il nuovo ad e il presidente subentrante.
Il nuovo capo azienda Ravanelli si trova ora ad affrontare due dossier in particolare: Metroweb (posseduto da F2i ed Fsi) e il secondo fondo infrastrutturale.
Il cda di Telecom ha dato mandato all’ad Marco Patuano di valutare l’acquisizione delle quote in possesso di F2i in Metroweb, appesantita finanziariamente per gli ingenti investimenti nella fibra ottica ma proprio per questo appetita dalle società del settore. Solo che dopo l’interesse per Metroweb da parte del gruppo presieduto da Giuseppe Recchi ci sono state alcune reazioni politiche ostili, le perplessità al momento non ostative ma neppure troppo benevole di ambienti istituzionali e i primi esposti per rischio antitrust presentati da alcuni movimenti dei consumatori.
Il secondo dossier caldo che si troverà ad affrontare Ravanelli è il definitivo decollo in termini di raccolta del secondo fondo infrastrutturale di F2i.
Il fondo sovrano China Investment Corporation è disposto a sborsare 300 milioni di euro, dei 1200 totali del secondo fondo di F2i, ma in cambio chiede “alcune precise garanzie di governance”, ha svelato Luca Pagni del quotidiano la Repubblica: avere voce in capitolo “sulle eventuali operazione di di acquisizione che F2i andrà a fare nei prossimi anni” e “sulla scelta dei manager che andranno a dirigere le società controllate o la nomina dei consiglieri di amministrazione”.
La Cdp presieduta da Franco Bassanini e guidata dall’ad, Giovanni Gorno Tempini, è favorevole all’ingresso del fondo sovrano cinese: d’altronde i vertici della Cassa depositi e prestiti si sono prodigati non poco per l’entrata con il 35% di China State Grid in Cdp Reti, che detiene quote di controllo nelle strategiche Snam e Terna.
E gli altri soci? Le fondazioni bancarie, almeno formalmente, non hanno nulla in contrario, stando alle parole pronunciate nei giorni scorsi dal presidente dell’Acri, Giuseppe Guzzetti: “Tutti gli investitori sono i benvenuti”, ha detto il presidente di Cariplo. Eppure fra le altre fondazioni azioniste si raccolgono dubbi e interrogativi, anche se non esternati in pubblico.
Più frastagliato appare il quadro delle banche. Secondo le indiscrezioni raccolte da Formiche.net, Unicredit non ha opposto perplessità, diverso è l’atteggiamento di Intesa.
Sarà Ravanelli a sbrogliare la matassa?