Prima dell’udienza generale di mercoledì scorso, Papa Francesco ha ricevuto in Vaticano la squadra di calcio tedesca del Bayern Monaco, all’indomani della partita di Champions league vinta all’Olimpico contro la Roma. Durante l’incontro, in un’auletta dell’aula Paolo VI, il presidente Karl Hopfner e il dirigente Karl-Heinz Rummenigge hanno regalato al Santo Padre un pallone con le firme di tutti i giocatori. Poi il capitano Philipp Lahm e il portiere Manuel Neuer gli hanno consegnato la maglia con il numero 1 e il nome “Franziskus”.
IL CALCIO-CARITA’ DEL BAYERN, CONTRO IL GLOBALISMO
Come ha riportato L’Osservatore Romano, il club calcistico bavarese «donerà al Pontefice un milione di euro, che verrà raccolto con una partita amichevole da giocare entro un anno. “Sarà Papa Francesco a decidere per quali scopi di carità per i poveri verrà utilizzata la somma” ha spiegato Rummenigge» (L’incontro del Papa con la squadra del Bayern Monaco, in L’Osservatore Romano, 23 ottobre 2014, p. 6).
Come evidenziato da ultimo da queste parole del mitico centravanti tedesco, per molti anni “punta” dell’Inter, il Pontificato di Bergoglio non smette di stupire, conseguendo risultati “di civiltà” e fede anche in mondi ormai lontani anni luce dalla visione personalista cristiana. Le parole di Rummenigge e l’udienza del Bayern, assieme alle numerose precedenti di squadre e campioni internazionali in Vaticano, si possono infatti leggere in totale contro-tendenza rispetto alla “finanziarizzazione” del calcio senza volto (e identità) del XXI secolo.
LA CULTURA DELL’INCONTRO, DI CALCIO, VOLUTA DA BERGOGLIO
Poche settimane fa’, poi, cioè dal 1° al 4 settembre, si è tenuto anche in Vaticano il terzo congresso delle Scholas Occurrentes, cioè le “Scuole per l’incontro”, una rete mondiale di istituzioni educative nata su impulso di Papa Francesco. Questa rete, divenuta ormai un movimento internazionale, com’è spiegato in un articolo di Jorge Milia, che è stato alunno di Bergoglio quando questi insegnava Letteratura e Psicologia a Santa Fe negli anni 1964 e 1965, è basata «soprattutto sui pilastri dello sport». Contando oltre trecentomila scuole iscritte, appartenenti a una settantina di Paesi dell’America, dell’Europa e dell’Africa, il movimento delle Scholas Occurrentes, aggiunge il giornalista argentino nel suo articolo pubblicato sul sito internet di Alver Metalli «Terre d’America» e ripreso giovedì scorso dall’Osservatore Romano, ha promosso come uno dei momenti pricipali del congresso e l’incoraggiamento del Papa, «la partita di calcio interreligiosa per la pace organizzata allo stadio Olimpico di Roma alla quale hanno partecipato i grandi giocatori di ieri e di oggi» (Jorge Milia, Come parla Jorge Mario Bergoglio. Fate il futuro volando, in L’Osservatore Romano, 23 ottobre 2014, p. 4).
PAPA FRANCESCO E LA “GEO-POLITICA” DEL CALCIO
Contro l’apice della degenerazione mondialista e spersonalizzannte del calcio contemporaneo, la Chiesa di Bergoglio si pone dunque come argine. Nel nuovo libro di Gennaro Malgieri, politico, giornalista e prestigiosa firma di Formiche.net, “Il pallone smarrito. Dal Mondiale brasiliano, una nuova geopolitica calcistica” (Edizioni Tabula Fati, Chieti 2014, pp. 112, € 10), si spiega a tal proposito come, proprio l’ultimo Mondiale di calcio ha mostrato nel modo più chiaro come, la globalizzazione dell’indifferenza, per riprendere una formula spesso utilizzata dal Papa, ha manifestato tutti i suoi segni di corruzione anche del “movimento calcistico”. Diventando globalizzato, scrive infatti Malgieri, «il football ha smarrito le differenze che lo hanno caratterizzato per quasi cento anni. Uniformandosi, le scuole calcistiche tendono ad assimilare moduli e schemi tattici che neppure qualche raro fuoriclasse riesce più a contaminare con il proprio estro, per quanto non manchino volenterosi individualisti purtroppo piegati alle esigenze dei club trasformatisi da società sportive in aziende economico-finanziarie».
Il calcio, insomma, non sfugge alla logica mondialista. Quella stessa che, ha denunciato fin dall’inizio del suo Pontificato Bergoglio, «ci fa lentamente “abituare” alla sofferenza dell’altro, chiudendoci in noi stessi» (Messaggio di papa Francesco per la celebrazione della 47.ma Giornata della Pace, Città del Vaticano 12 dicembre 2013).
Il calcio, spiega Malgieri, si è appunto omologato nel modo di esprimersi e di proporsi. La Coppa del Mondo disputata in quella che una volta era la terra felice del futebol ha confermato la tendenza utilitarista a cui il calcio s’ispira da oltre vent’anni. Analizzando il Mondiale brasiliano, infatti, è possibile rilevare al massimo grado tutte le anomalie di una nuova geopolitica calcistica confusa, acefala, regolata da fattori extra-sportivi, chiusa all’identità comunitaria ed alla solidarietà.
L’autore di Conservatori europei del Novecento (casa editrice Pagine, Roma 2014), che ha diretto la rivista di cultura politica “Percorsi” ed i quotidiani “Secolo d’Italia” e “L’Indipendente”, con il suo nuovo lavoro individua quindi certe “linee-guida” del pensiero conservatore attuale sul fenomeno sportivo come dinamica sociale rivelativa dello sradicamento globalista. Attraverso l’analisi tecnica e socio-culturale dei fatti e delle partite del Mundial del Brasile del 2014, Malgieri ne propone infatti all’attenzione le “ricadute” sia sul fenomeno del calcio in senso stretto sia sulle dinamiche identitarie, sociali e nazionali, in gran parte rimosse dalla sociologia del “pensiero unico” e dal conformismo culturale imperante.
La globalizzazione, insomma, come ha magistralmente spiegato anche Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in veritate (29 giugno 2009), può al massimo rendere vicini, ma non rende affatto gli uomini del nuovo millennio fratelli. Figuriamoci sul campo rettangolare…